Autore: Ron Gallo
Album: Stardust Birthday Party
Label: Ron Gallo music publishing/Net West Indipendnet Music Plublishing
Un predicatore metropolitano della miglior specie, visionario e produttivo come pochi. Al suo secondo album, dopo “Heavy Meta”, ecco il Ron Gallo che continua a stupire tramite un medium di garage rock psichedelico e allucinato al punto giusto, costruito su di una verve inossidabile e speciale.
Da Philadelphia, l’artista classe 1987 produce vibrazioni che sanno essere nervose e maiuscole, in una prova di forza in cui la sua capacità di scrittura si sposa con la tradizione dei Morlocks e l’essere istrionici di certi nuovi protagonisti contemporanei come Cosmo Sheldrake. Direi proprio non male, per uno che era stato considerato come il nuovo Jack White, e che ora si lancia nella creazione di una sorta di marchio di fabbrica musicale, il suo.
Le potenzialità sono vistose sin da “Always elsewhere”, traccia che si snoda lungo un mid tempo di estrazione punk (Dead Kennedys?) e che mischia le catte in tavola con un approccio che non dispiacerebbe neanche a gente del giro Dischord come Q and not U. Una canzone ispirata da un filosofo ( Allan Watts) e da un santone professore (Eckhart Tolle) che apre alle divagazioni in chiave pop rock di Prison Decor e alla spiritualità noise di Party Tumor. Un intrecciarsi di voci sgangherate e approccio lo-fi, nella convinzione di una libertà espressiva notevole e senza freni, questo mette a punto il buon Ron Gallo in due brani che amano essere anche distorti e alzare l’ampli a suo piacimento.
In “Stardust Birthday Party”, però, non bisogna perdersi la filastrocca “Do you love your company?”, sermone dadaista in cui l’inganno della faccia pulita di Gallo cela gli ascolti di blues malato e strani vecchi amori per artisti frequentatori di viaggi a base di LSD (ripresi poi in OM). La sveglia suona ad ogni giro di reef e di combinazione psichedelica (It’s all gonna be ok), dimostrando che Ron Gallo può affrontare a testa alta e spirito floreale anche il tema difficile della morte, che in I wanna die (before i die) ha un ritornello magnetico da sbeffeggiare, e in “Happy Deatday” assume le sembianze di un fan di Bob Dylan mai stufo della sua vita.
Per finire un consiglio tecnico: se stavolta non ricordate la password non alzate la voce e ascoltate Passwords (per l’appunto), arriverò la Ron Gallo band a sedarvi col suo groviglio di suoni e la sua flotta di positive rock.
Andrea Alesse
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