Suicide Silence, la recensione del nuovo omonimo disco

Il nuovo disco omonimo dei Suicide Silence, ha cominciato a far parlare male di se, sin prima della pubblicazione stessa.  Il disco, che uscirà per Nuclear Blast il prossimo 24 febbraio, era stato protagonista di diverse petizioni su charge.org per richiedere alla Nuclear Blast di non pubblicare il disco. Il motivo? Molto semplice: molti fan non hanno apprezzato il cambio di genere che ha portato i Suicide Silence dal metalcore al nu-metal.

Il nuovo lavoro della band statunitense si apre sulle note di Doris, dove lo scream di Eddie Hermida (subentrato nella band nel 2012 dopo la morte di Mitch Lucker in un incidente stradale) è assoluto protagonista su un brano il cui sound è fortemente influenzato dai Korn.
Questo nuovo lavoro del quintetto a stelle e strisce prosegue senza particolari emozioni, tanta noia e molta influenza ‘alla Korn’ fino a Hold Me Up Hold Me Down, dove finalmente troviamo un riff di chitarra veramente intenso e Hermida è autore di una grande prestazione. La successiva Run è l’episodio più interessante di questa imminente pubblicazione, la band ha saputo giocare molto bene sui contrasti tra parti soft e parti decisamente più nu metal, buona parte del lavoro è merito di Hermida che ha interpretato bene sia le parti in clean che le parti in scream.
La successiva The Zero è un altro buon brano, che alterna nuovamente parti soft a parti più violente. Poco dopo ecco Conformity, brano lento che presenta un intenso assolo di chitarra.
A chiudere le danze ci pensa Don’t Be Carreful You Might Hurt Yourself, brano violento e roccioso che sembra essere un brano estratto dagli ultimi lavori degli Slipknot.
In conclusione, il nuovo disco dei Suicide Silence è un lavoro non brillante, poco originale e che fatica a decollare. L’influenza dei Korn sul sound di questo disco ha inciso pesantemente, d’altronde il disco è stato prodotto (bene) da Ross Robinson che nel corso della sua lunga carriera ha lavorato molto con i Korn e con gli Slipknot.

testo di Alberto Gandolfo

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