Sarah Stride, poesia e seduzione. Ecco la recensione di Schianto e un’intervista alla cantante

Autrice: Sarah Stride
Ep: Schianto
Ufficio stampa: Ja La

Solo quattro pezzi, ma attenzione alla composizione e alla metrica musicale. È Schianto di Sarah Stride, metaforica e non certo classica cantante che rilascia pulsazioni tra l’industriale e il dark folk rock con cantato in italiano. Psichedelia stile Amerigo Verardi e introspezione quasi esoterica, con rimandi intellettuali. Se Berselli canta di Niobe, la Stride si mette in proprio con la ricerca legata a Icaro in Megasentimento. Un invito a essere concreti oltre l’istinto? Possibile, per una canzone legata a back vocals e quasi un jungle sound come ritorno.
Musica che cambia rispetto a Schianto, in cui la rivendicazione è il tema della sonorità cupa e elettronica, con linee di piano e santità disseminate su spigolature ritmiche. Qualche folkeletrconica smisurata passione (i barbari) si misura poi con il racconto di storie lontane e attuali. Il figlio di Giove completa le quattro tracce, con timbro alla Mia Martini e l’obiettivo di essere sopra la normalità. Una musica sacra per l’anima e la composizione, a celebrare una Stride campionessa di animosità e ricerca.

Visto l’interesse per l’EP, ho rivolto a Sarah qualche domanda.

-La domanda è banale ma necessaria. Dicci chi è Sarah Stride e parlaci delle tue influenze musicali.
A volte la banalità è un male assolutamente necessario!
Sarah Stride è un nome nato una quindicina di anni fa su una tovaglietta di carta a scacchi rossi, insieme a un caro amico, Gio Cleis, fondatore di un collettivo di cantautori del quale facevo parte. Si chiamava “Minuta, cose grandi con strumenti piccoli”, ricordo ci fosse anche Brunori, non ancora arrivato al grande pubblico e con una scrittura già fuori dal comune.
Dopo qualche anno e tantissime canzoni scritte, Sara Stride è diventato un progetto che sotto la guida artistica di Alberto Turra ed un suono di band costruito insieme a lui, William Nicastro (basso) e Antonio Vastola (batteria) ha pubblicato due album di matrice Alt Rock, dove i rimandi più evidenti sono indubbiamente gli ascolti anni ‘90 che passano da Jeff Buckley ai Radiohead, e l’amore per i grandi cantautori Italiani.
Dopo aver abbandonato le consuetudini rock per indagare più in profondità la propensione verso un cantautorato più scuro, e alla necessità di un suono più asciutto e diretto ma che fosse contemporaneamente anche tribale, insieme a Kole Laca alla produzione artistica e a Simona Angioni per le liriche, Sarah Stride è diventato un “mondo” che difficilmente riesco a definire o collocare in un genere o in una particolare scena.
Sicuramente più legato alla new wave (ho due fratelli più grandi che per fortuna quando ero piccola ascoltavano buona musica!), agli anni novante del trip pop e ad influenze più recenti che passano dalle ultime produzioni di Bowie, Woodkid, alla genialità compositiva e di arrangiamento di Elza Suares in “The woman at the end of the world” per fare solo alcuni esempi. Immaginati un po’ un mix tra Teresa De Sio, gli Einstürzende Neubauten e Scott Walker in Irlanda a celebrare Samhain!

-L’EP mi sembra abbia una vena intellettuale piena di rimandi letterari e racconti. Dove si incontrano scrittura e arrangiamento?
A differenza di come ho sempre composto, i testi sono la prima cosa nata per questo disco. Sempre per la prima volta ho scritto insieme ad un’altra persona, Simona Angioni, con la quale condivido un profondo amore per le parole, per i buchi neri, per il cinema e la letteratura e per i tartufi! Lavorare con lei (che è anche autrice teatrale) è stato davvero un viaggio introspettivo tosto e autentico. Abbiamo passato ore e ore a scremare, pulire, per arrivare ai temi che per noi fossero davvero indispensabili e con essi la rigorosa ricerca di ogni parola per esprimerli chiaramente.
Kole Laca oltre che un produttore artistico è stato una specie di medium, ha saputo entrare nelle liriche e restituirne esattamente, con le scelte di composizione e arrangiamento, le stesse suggestioni, con una naturalezza e una forza che ha donato una coesione ed uno spessore a tutto il lavoro davvero rare.
Il pensiero magico mi induce anche pensare di essere semplicemente un tramite attraverso cui delle fibre e dei concetti possano passare ed assumere forma, e alla stessa tua domanda in un’ altra occasione ho risposto così:
“Abbiamo raccontato solo quello che per noi era davvero necessario, nessuna frizione tra il mondo delle parole e quello del suono, come fossero due attori pronti al loro dialogo. Noi gli abbiamo solo offerto un palco nudo, senza scenografia, né cosmetica.”

– Sbaglio o in Schianto si trova una certa rivendicazione anche della figura femminile, troppo spesso ai margini sociali?
E’ curioso che tu mi faccia questa domanda, non ci avevo mai pensato. In modo diretto non credo ci siano dei riferimenti specifici verso la figura femminile, ma credo tu abbia colto un’attenzione presente nei testi, verso tutte quelle minoranze, di cui le donne fanno sicuramente parte, che nella vita faticano a trovare un proprio posto. Tutto il concept dell’album ruota intorno alla celebrazione della diversità in quanto valore e alla resistenza verso tutte quelle ingerenze esterne ed interne che quotidianamente ci allontanano dalla nostra realtà più profonda.

– A quando un album completo? Dove sarà musicalmente Sarah Stride tra dieci anni?
L’album completo arriverà molto presto, presumibilmente verso fine estate, inizio autunno.
Su una previsione da qui a dieci anni non saprei cosa dire, spero di evolvere e cambiare così tante volte che mi immagino di poter finire a cantare in un disco di Mulatu Astatke, a scrivere un album per elettronica, voce e violino insieme a Regina Carter o magari semplicemente qui, su questo divano, ma con altre mille idee per la testa.
Imparare e sperimentare senza compromessi. Sempre.

Testo a cura di Andrea Alesse

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