Un mio amico una volta mi ha detto: la riuscita di un concerto, in cui risuonano le chitarre, la puoi vedere dal sudore della gente che esce dal pogo sotto palco durante il live, rifugiandosi fuori dall’uragano pe respirare.
Ebbene, ieri sera al Circolo Magnolia mi è capitato di vedere un continuo spostamento da sotto al palco di gente sudatissima e in cerca di liquidi, segno che gli IDLES hanno colpito nel segno. Dopo la prima volta in Italia lo scorso febbraio, ecco la band di Bristol che torna per divorare la notte milanese con un live roboante, abrasivo, diretto e indomabile (ho reso l’idea, no?). Mi dicono il Punk al tempo della Brexit, ma io ci metto anche il punk dei sobborghi e delle storie personali naufragate che incontrano il palco, ma anche quello della voglia di ruggire con gesti precisi e taglienti. Quelli che urlano ancora, insomma.
Un live che riempie il circolo di Segrate, crea esaltazione nei visi dei giovanotti venuti per sentirli, ma che ha fatto breccia anche nel cuore di qualche vecchia guardia tipo me, che si è divertito parecchio riesumando l’ascolto di matrice street punk e la cara vecchia sindrome da disadattato.
Joe Talbot, cantante dei cari IDLES, è carico sin dall’inizio, regalandoci una performance senza riposo. Pugni gettati al petto, accento di periferia riluttante alla Sham 69, sputi sul palco e mimica alla Henry Rollins (Black Flag e sto) con dentatura marcia in stile Sex Pistols. Tutto questo, durante un concerto che ha messo in mostra la vena politica di una band che più vera della sua musica non sa essere. Storie di vita vera, dunque, già dalla traccia Colossus e sino alla parte più politica del loro live, quando con “Love Song” vengono messi al bando gli inutili conservatorismi inglesi, con tanto di richiamo all’Italia, verso il baratro già da un pezzo (4 marzo 2018?, a voi la scelta).
Dietro il muro di suoni delle due chitarre e degli accordi secchi, che suscitano invidia ancora nel 2018, si intrecciano le storie di alcool e di morte che hanno investito il frontman e tutta la band, pronta a rispondere sul palco dichiarando guerra a tutti gli addicted (drogati) presenti. Musicoterapia a modo loro, con le canzoni di Joy as an Act of Resistance e Brutalism che creano uno stage diving come non se ne vedeva da tempo. Una band he usa l’autolesionismo come forza, e che in puro stile punk sostituisce durante il live i due chitarristi con due ragazze prese dal pubblico, rifiutando la mascolinità tossica e creando una sinergia con tutti i presenti
Quando poi i ragazzi hanno dedicato un loro pezzo a tutti gli anti-fascismi la magia si è definitivamente compiuta. IDLES, una garanzia al vostro servizio, anche dal vivo.
Un grazie a Radar Concerti.
Andrea Alesse
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