Fluxus
Non si sa dove mettersi
Autoprodotto
L’immenso potere delle parole e il ritorno dei Fluxus. Una band immortale, come le espressioni che usa per balenarsi nel quotidiano e l’urgenza diagnosticata su riff taglienti e clandestini. Sono orgogliosamente fuorimoda i Fluxus, tornati perché c’è n’è ancora bisogno, come c’è bisogno di farsi delle domande e di affrontare l’esistenza con maggiore presenza scenica personale. Non si sa dove mettersi è il titolo diretto di un disco che prende con sé l’irrequietezza di artisti come Bruno Dorella e i suoi Ovo, rilanciata con la tradizione noise e le inalazioni di hardcore cantato in italiano.
L’epoca d’oro delle schitarrate dei Kina purtroppo non c’è più, ma i Fluxus se né infischiano e caricano undici tracce di catarsi e scrittura ricercata, con addosso la decisione a colpire col loro heavy noise che si sposa con il coinvolgimento testuale tipico di gente del giro Bachi da Pietra e affini. La velocità che tende la mano alla poesia (La decima vittima), col senso politico ma non sloganistico che riecheggia col battito di percussioni e il crossover in italiano di brani che vanno dritto al punto, come in Mi sveglio e sono stanco. L’ingovernabilità è là fuori, ma è anche dentro le teste nascoste dei Fluxus e di noi umanoidi, è così gli stessi Fluxus amano la follia dell’elettricità per parlarci di controllo e servitù, come in Gli schiavi felici e nell’eloquente brano dal titolo Nei secoli fedeli.
Incivili disadattati (…) di un paese che muore (…) sono queste alcune delle randellate che i nostri ci traducono in vocaboli, come in piano quinquennale fallito a cui ci asserviamo senza sosta, che i Fluxus cantano con la memoria ben salda alla maestosità dei CCCP, velocizzata come in un paesaggio designato da Henry Rollins.
Uscito il 10 febbraio, Non si sa dove mettersi è la presa di distanza definitiva di un gruppo che vuole scostarsi dal mondo, è per questo ritorna con fedeltà autoprodotta e chitarre volanti che non si tirano indietro, ragionando anche sulla materia filosofica e sui suoi derivati. Ascoltate Datemi il nulla, e vedrete la loro forza espressiva che si fa forza con accordi secchi e decisi, uniti a cori corrosivi.
La chiusura di Alieni per la strada è il segnale definitivo del distacco, di chi in 4 minuti e 12 decide di non tirarsi indietro, ma neanche di liquefarsi al nuovo mondo. Fluxus è il dematerializzarsi, come le nostre esistenze.
Andrea Alesse