Autori: Winter dies in june
Album: Penelope, Sebastian
Label: Autoprodotto
Sono tornati gli anni d’oro con i Winter dies in june, quintetto tutto freschezza e colore musicale indie pop, calzato nella scena che fu dei padrini degli anni ’90, con variazioni legate a effetti moderni e tanto, tanto paradiso musicale. Una copertina colorata e i nomi delle canzoni che trasudano semplicità, a cavallo tra una serata spesa nella piazza di una qualsiasi città a canticchiare i Black Tail e una notte in bianco con i Supergrass a zonzo per la città stessa.
Tanto calore giovanile, accanto ad una buona composizione che mette subito il marchio di fabbrica dei Winter dies in june nella prima traccia Aeroplanes, con backing vocals femminili, presa intermedia indie folk e una coralità che li fa apprezzare sin dal primo ascolto. In seguito (Sands) compaiono i synth malinconici, mentre Sebastian ci riporta in una vallata in cui il folk e la sua acustica amano dare un ritmo chiaro e viaggiante, melodico al punto giusto e malinconico quando serve con le sue linee di piano.
Con Boy si va dovunque, a braccetto con effetti space rock che amano la tradizione british e con elettronica spezzata da chitarre e ritmi dinamici, da gustare dal vivo. Gli accordi sempre tenui e il sorriso sulla fronte, con la canzone Space che si divincola tra melodico e seducenti reef che ci ricordano ancora la vecchia e importante strada della composizione lineare.
La trama di Penelope ha poi qualche spiraglio di una post wave delicata e amante di Damein Jurado, sparando in aria i proiettili di una band che suona come una piccola grande sorpresa nell’alternative nostrano. Un gruppo, i Winter dies in june che si smaterializza nella trama dell’ultimo soffio di fiato nella conclusiva Different, amando l buoni propositi e i baci della copertina, quelli dati di nascosto.
Andrea Alesse