The Inpector Cluzo
We People of the Soil
Laurent Lacrouts e Mathieu Jourdain rappresentano un progetto ben definito, in cui la musica sposa equilibri politici, senza però cadere nelle ideologie. Un grido di dolore, quello della madre terra, emerge dalle liriche di questi due farmrockers, rifugiatisi nel loro podere da cui tentano di dar vita ad una nuova economia comunitaria.
Una via alternativa per predicare rispetto intorno a tutto quanto quello ci circonda, senza lasciar traccia di malinconia o parassitismo, ma con una linfa e un amore per le note di un rock contaminato dal groove psichedelico e dal folk. Il ritorno alla terra come una decrescita felice, pensiero di un altro francese, il filosofo Lathouche, sembra essersi impossessato di questi due artisti, che dietro la maschera di The Inpector Cluzo coltivano idee e rivoluzioni silenziose, come quando in Ideologies dichiarano apertamente di non amare quello che succede, con schitarrate acustiche ed elettriche che si susseguono dietro un anima di world music e percussioni, che hanno però sempre un’anima rock.
Dentro l’album, la loro nuova fatica uscita il 26 ottobre scorso, vi sono anche ballale intime come Little girl, canzone persa dietro un fischiettio che ricorda Steve Seasick e un pianoforte che si incrocia col banjo, il tutto prima di un esplosione di vitalità crossover che arriva con la titletrack. Un urlo si erge sulle fabbriche di carbone: siamo, ed è questa già una dichiarazione comunitaria, le persone della terra. Una presa di coscienza dell’apocalisse che si incrocia col talento di due amanti delle contaminazioni e della poetica in chiave rock. Una traccia come The best diviene così una nuova canzone dalla linea folk, mentre brothers in ideals unisce la metrica della musica da camera con le linee melodiche di due francesi dal cuore puro.
Due predicatori non religiosi, che ci aprono la strada a colpi di spirito e musica.
Andrea Alesse
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