Rhò
Neon Desert
Gibilterra/Peer Music/Believe Distribution
Si può provare a comporre elettronica minimale dalla propria camera e farla risuonare in modo universale? A tentare di rispondere a questa domanda ci prova Rhò, artista che non Neon desert, album uscito il 2 febbraio scorso, si lancia in questa sfida di comporre parti electro e beat ancestrali legati alla melodia vocale e alla rilassatezza sonora.
Rhò è in arte Rocco Centrella, romano che si occupa anche di cinema e arti visive, noto per aver passato del tempo nella celebre Georgia Tech a sperimentare dispositivi musicali innovati. Il suo Neon Desert arriva dopo questa e altre esperienze, che hanno lasciato in Rhò la consapevolezza e il desiderio di riprovare a sonorizzare la sua esperienza e quella che lo circonda, con armonie elettroniche e cinematiche, amore per i Massive Attack e ricerca sonora.
Il suo ultimo lavoro è particolarmente intriso di un utilizzo della macchinazione elettronica che ricorda i recenti lavori del connazionale Tartage, con anfratti di atti vocali profondi che si tramutano in aperture interessanti in J41D, seconda traccia agguerrita di Neon Desert. “Solo per un altro giorno”, questa la preghiera che Rhò predica in lingua inglese (lingua utilizzata peraltro in tutte le canzoni) come ina richiesta affidata anche a dei particolari ritmi electro –folk che danno particolarità e minuziosità al brano (sentite a tal proposito anche i flauti della bella traccia Lies).
In Cross compare la melodia aggraziati dei Vok, accompagnata da archi e vocalismi ipnotici, come in una simbiosi magica e ipnotica. Diversi , invece, appaiono i downtempo beat di Rooms, canzone probabilmente dedicata a stanze che non si incontrano e amori mai sbocciati, sotto il segno del minimalismo trip-hop.
Qualche linea di piano compare invece in Whatever, brano si estrazione più classica che poi esplode in mille pezzi, in un filone elettro e quasi dance, con voci medievali che in lontananza evocano presagi strani, intrisi della personalità di Rhò.
L’artista romano, oltre a campionamenti, utilizza comunque anche strumentazione classica, come la chitarra acustica di Hold on, sempre però messa in secondo piano rispetto alla vena electro, vera aspirazione dell’autore di nascita italiana, ma sicuramente di respiro internazionale.
Andrea Alesse