Federico Albanese
By the deep sea
Neue Meister
Musiche intime e cinematiche che raffigurano paesaggi sonori con grazia e profondità. Sono queste le trame di “By the Deep Sea”, album di Federico Albanese che sta riscuotendo successi e tante acclamazioni. Tra spiritualità intimistica e intellettualismi sonori, l’artista di stanza a Berlino costruisce landscape in note intrisi di fragilità ed emotività, tuffandosi nell’incrocio tra linee di piano e archi, sin da subito celebrati in canzoni come We where there.
Federico Albanese, lanciato ora in un lungo tour europeo, si fa’ coì portavoce di una musica strumentale compositiva che parla attraverso note complesse, con una tecnica alla Poppy Ackroyd che lancia in orbita in Your Lunar Way con sagacia e tempismo da tensioni poliziesche alla Calibro 35.
Dove i ritmi si fanno più candidi (The Cradle), si assiste a una dolcezza e ad un intimità ancora più marcata, scorgendo dei passaggi che sanno riesumare gli inverni freddi e gli umori di chi li attraversa, sempre con sottili linee di piano al seguito.
La composizione diviene maestra di vita, con attacchi che ricordano anche i bravissimi Comaneci e trame di musica classica che escono dai saloni dei conservatori per abbracciare l’ascoltatore. Una musica per cullarsi, questa è una delle chiavi di lettura del talento Federico Albanese, autore pensoso sin dalla foto di copertina, malinconico con Untold e le sue emozioni. Un autore intelligente, e per questo, probabilmente, poco presente sui magazine del bel paese.
Da non sottovalutare, in “By the Deep Sea”, sono gli effetti del brano Boardwalk, creati su di una trama elettronica che unisce agli archi le tensioni minimal electro alla Four Tet, e la pulsione quasi post rock che si evince dalla poesia della titletrack. E si, perché proprio di questo parliamo in “By the Deep Sea”, di una poesia fatta musica e di una musica che si tramuta in poesia.
Andrea Alesse