Autore: Dull Company Myself
Album: To load the feeling of a trembling whisper
Label: Lady Sometimes Records
Dull Company Myself è Matteo Ferrante, artista innamorato di musiche dal calibro eighties e delle creature post new wave che presiedono certi suoni che amano l’elettricità sintetica, oltre alla solennità del cantato maledetto di Ian Cuirts.
La via prescelta è quella dell’identità, con un disco che Dull Company Myself (in arte Matteo Ferrante) confeziona in moco impeccabile, amando il post punk sviscerato in una calda voce che avvolge la tensione del suo lavoro, dall’inizio alla fine delle otto tracce. Parliamo di un lavoro edito dalla label romana Lady Sometimes Records, in cui le linee di basso sono prepotenti sin dalla traccia Please no Disguise, caricata di tensione e animo vestito di una didascalia black shoegaze.
Dull Company Myself è parte di una scena poco identificata, che in Italia partorisce gli Starcontrol e ama i vecchi Siberia, scegliendo però la chiarezza del cantato in inglese e la fierezza di una scelta espositiva personale. Attraverso questa, il nostro arrangia la malinconia di Senility e racconta le sue storie seduto in penombra sulla sedia che campeggia nell’intrigante copertina, in disparte come quando canta lo stile di Morrissey e dei Lust for youth in The tallest Thorught in My mind, brano più melodico e in cui la tonalità vocale dell’artista diventa più tenue.
Dietro tutto c’è sempre l’animosità new wave a dettare i ritmi, innalzando una barricata chiara che si riprende i suoi tempi in Travelling Spaces, dilatandosi ulteriormente in un percorso fatto di contro-voci nella finale Nothing Means Regression.
Per approfondire Dull Company Myself, ecco anche il video di “To load the feeling of a trembling whisper”, traccia evidente della sua creatività dark e della sua scelta di essere personale e legato alla sua musica.
Andrea Alesse