I Band of Horses sono tornati in Italia per due concerti esclusivi martedì 15 novembre al Circolo Magnolia di Milano (ore 21, tessera ARCI obbligatoria) e ieri 16 novembre all’Estragon di Bologna (ore 21).
La band di Seattle si è presentata nel nostro Paese con una formazione tutta nuova per presentare “Things are Great”, il sesto disco uscito a gennaio 2022 per BMG a cinque anni di distanza dal precedente “Why Are You Ok”.
Ben Bridwell – -chitarra voce e tastiera
Creighton Barrett – batteria
Ryan Monroe – chitarra voce e tastiera
Matt Gentling – basso
Brett Nash – chitarra voce
Fulgida anomalia nella tradizione cantautorale indie rock statunitense, il gruppo con questo lavoro recupera e rinnova le atmosfere del primo fortunatissimo album “Eveything All The Time”, uscito nel 2006 per la mitica label SUB POP.
Tra buio e luce, forza e vulnerabilità, apatia e devozione, speranza e disperazione: in questi crocevia di sentimenti si collocano le atmosfere e le canzoni dei Band of Horses. Il leader e fondatore della band Ben Bridwell è un acuto cantastorie ma anche un implacabile osservatore in grado di raccontare le sfumature dei capricci del cuore umano e la particolare bellezza delle sue disfunzioni. Intrise di profondità, verità, ma anche di qualche consiglio esistenziale cucito in casa, le canzoni dei Band of Horses sono diventate inni, mantra e pietre miliari per i fan. Anche in virtù di questo, tanti brani estratti dai loro album, tra cui il nominato ai Grammy Awards “Infinite Arms” e “Mirage Rock” – prodotto dal leggendario Glyn Johns – come gli indimenticabili “No One’s Gonna Love You” e “The Funeral” (inserita da Pitchfork tra le migliori canzoni degli anni 2000) sono state utilizzate in diversi film e note serie televisive di successo.
In questo ultimo lavoro in studio, anticipato dai singoli “Crutch” e “Lights”, Bridwell ha avuto un ruolo più importante nella produzione di quanto non avesse mai fatto in precedenza, producendo o co-producendo ogni canzone dell’album. Ha coinvolto alcuni storici collaboratori come Jason Lytle dei Grandaddy, Dave Fridmann e Dave Sardy ma non sono stati solo loro ad aiutarlo a ottenere il suono che aveva in mente: ha infatti lavorato per la prima volta con l’ingegnere Wolfgang “Wolfie” Zimmerman. I due hanno avuto un’empatia istantanea, che si riflette su tutto il disco.
Emotivamente intense, sia a livello personale che universale, la maggior parte delle canzoni di “Things Are Great” sono state scritte prima che il mondo chiudesse, quando tutti abbiamo dovuto affrontare la nostra mortalità e abbiamo iniziato a fare il punto sulle nostre vite. Il disco mostra un Bridwell più autobiografico di quanto non sia mai stato, che racconta nel dettaglio le nebulose frustrazioni e le tacite umiliazioni che arrivano quando una relazione cambia e cosa si può fare per sistemare le cose. E cosa fare quando invece non si può.
Da qui il titolo “Things Are Great”, la cui accezione sarcastica è amplificata dal ritardo nei tempi di pubblicazione del disco, dilungatisi più del previsto a causa dei disagi causati dalla pandemia.
Un ringraziamento particolare a GDG press e DNA concerti per il gentile invito
Foto di Carlo Vergani