Recensiti in precedenza sulla nostra webzine con l’album Dovresti farlo adesso (leggete QUI), i Lechuck ci concedono qualche battuta per conoscerli meglio. Dall’altra parte della scivania, ecco allora Loris, Ulisse e Enrico, tre ragazzi che ci spiegano chi sono i Lechuck e quale sia la loro vera concezione di musica.
Quattro domande non fanno mai male. Eccole a voi e grazie Lechuck
1) Il vostro disco trasuda passione e melodie proprie. Quanto c’è di autobiografico?
Loris: Sono contento che si senta la passione. Di autobiografico direi che c’è tutto, ma non vedo come possa essere altrimenti. E’ una rappresentazione di ciò che siamo stati in questi due anni di preparazione, almeno sul piano musicale. A tal proposito devo dire che mai come oggi siamo riusciti a trovare un’ottima sintonia. Tutte le canzoni partono da una piccola bozza che è lo scheletro e poi le arrangiamo tutti insieme. Non c’è mai una direzione presa a priori e rimaniamo sempre stupiti di come le canzoni prendano una strada piuttosto che un’altra.
Enrico: Credo che ci sia sempre qualcosa di autobiografico nel suonare, se lo si fa in piena libertà. Quando scegli di ripetere ossessivamente la stessa nota, ricercando un determinato suono, stai facendo suonare un pezzo di te. Nessuno di noi ha mai suonato cover o ha mai pensato di farlo. Un po’ perché non siamo abbastanza bravi per farlo, un po’ perché ciò che ha interessato e interessa buona parte della nostra vita è la volontà di creare qualcosa, non importa quanto imperfetto. E quel creare è sempre autobiografico. Certo, negli ultimi dischi di Mount Eerie la componente autobiografica è lampante e disarmante, nella nostra musica impercettibile.
2) La via delle distorsioni e la poesia del triste ricercato. Questi sono i Lechuck?
Enrico: Le distorsioni celano bene molti errori, quindi ci piacciono molto. Presto diventeremo sordi per colpa delle distorsioni, pazienza. Anche il basso è spesso distorto perché funziona un po’ come una seconda chitarra, o meglio come una prima chitarra che riempie lo spettro sonoro e mi solleva dall’incarico di limitarmi agli accordoni d’accompagnamento. Questo perché proviamo un certo godimento a suonare forte. Per l’acustico abbiamo tutta la vecchiaia davanti.
Loris: Non c’è la volontà di ricercare la tristezza. Indubbiamente non è un disco spensierato, non lo è la musica perché non riusciamo proprio a suonare nulla che sia troppo allegro, e non lo sono i testi. Però anche per i testi non è che sia una scelta fatta a tavolino. Parlano per lo più di una persona che ricorda e riflette situazioni successe nel passato. E’ vero che si parla di situazioni che riguardano il difficile rapporto tra due individui, ma non per questo devono per forza essere letti come qualcosa di triste. A volte succede che ripensi a un litigio con qualcuno e provi gioia, o rabbia, o qualunque altra cosa.
Ulisse: Credo che non ci sia una vera e propria ricerca del triste, quanto un più probabile naturale corso degli eventi. Personalmente sono sempre più affascinato da canzoni che riescono a comunicare emozioni potenti, in qualche modo mi sembrano più reali. Diciamo che cantare di quanto è bello andare al sole di Riccione non fa per me.
3) Una musica vera deve essere continuamente alimentata. Quali sono i progetti della band?
Ulisse: L’ideale sarebbe riuscire a suonare in tutta la penisola e (perché no?!) anche all’estero. Di sicuro c’è la voglia di scrivere nuove canzoni per un nuovo disco.
Enrico: Sì, sarebbe bello avere la forza di tirare fuori al più presto un nuovo disco, possibilmente un concept album sui dinosauri. Nel frattempo suonare dal vivo – e quindi viaggiare, scoprire luoghi sconosciuti e conoscere persone nuove – sarebbe fantastico.
4) Quali sono le vostre radici musicali? E quale la vostre aspirazione?
Ulisse: Per quanto mi riguarda sono molto affezionato al mondo stoner rock e a tutto l’immaginario che porta con sè. La mia massima aspirazione sarebbe andare a registrare nel pollaio dei Verdena facendomi insultare da Luca per come suono la batteria e cercando consigli sulle voci da Alberto mentre Roberta si chiede come siano potuti scendere così in basso.
Enrico: A me piacciono molto le voci femminili. Da piccolo adoravo Enya, ultimamente sto ascoltando solo Snail Mail o altri progetti alt-rock cantautoriali al femminile. Ma sono cresciuto ascoltando tanto altro, escludendo solo la musica funky e l’hard rock. La mia massima aspirazione sarebbe quella di fare stage diving in un concerto in Giappone dopo aver mangiato del sushi vero, poi prendere un aereo per il Michigan e insieme agli altri due scrivere il famoso concept album sui dinosauri all’interno di un camper full optional durante un tour dei più grandi laghi americani. Come diceva Benjamin Disraeli, “Nurture your mind with great thoughts”.
Testo a cura di Andrea Alesse
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