intervista a Le Pietre Dei Giganti

Da venerdì 8 dicembre 2023 è in rotazione radiofonica il rework di “Ohm” (Overdub Recordings), il nuovo singolo de Le Pietre Dei Giganti feat. Victor Bomì già disponibile sulle piattaforme digitali dal 5 dicembre.

 

“Ohm”, brano estratto da “Veti e culti” de Le Pietre Dei Giganti, viene rivisitato e reinterpretato attraverso la sensibilità artistica di Victor Bomì (Wille Peyote, Lhasa Society, Funk Shui Project, Mauras, Supernino), che ha saputo mischiare sapientemente gli ingredienti dando nuova vita alla canzone. Il tribalismo psichedelico del pezzo originario flirta con atmosfere e ambienti sonori pregni di echi, riverberi e profonde suggestioni esoteriche.

 

Spiega la band a proposito del brano: «L’idea di creare un rework del brano Ohm nasce dalla possibilità di partecipare alla compilation del festival “Serravalle rock”. Abbiamo incontrato Victor Bomì e siamo rimasti affascinati dalla sua capacità di creare dei mondi sonori. Questo ha permesso di dare un nuovo taglio al pezzo e rivisitarlo con la sensibilità elettronica di Victor».

 

Commenta Victor Bomì: «Essere scelto per Remixare un brano de Le Pietre dei Giganti per me è stato motivo di orgoglio oltre che molto stimolante, il poter sperimentare (uscendo dalla mia comfort zone) su un brano Alternative Rock, cercando di mantenere quello che è il mio “suono” Elettronico/Downtempo, è stata una bella avventura. Spero in un futuro di poter collaborare ancora con loro in futuro anche perchè mi piace molto la loro visione musicale».

 

Biografia

Le Pietre Dei Giganti (LPDG) sono una band psych-alternative rock di Firenze. Il loro sound può essere definito un miscuglio di stoner, psichedelia, heavy rock, blues acido, accompagnato da testi intrisi di poesia e gusto epico. A tratti lambisce il progressive degli anni 70 e presta attenzione anche all’elemento ritmico, mediante l’utilizzo di groove tribali, sampling ed elettronica. Se il primo disco, Abissi (Overdub Recordings, 2019), era nato come sfogo di un’urgenza espressiva e il suo principale punto di forza poteva dirsi la compattezza, i nove brani del nuovo disco Veti e Culti sono difficilmente inquadrabili in maniera univoca perché vivono e respirano di frequenti cambi di dinamica, al di là degli immancabili punti di riferimento che vanno dagli Ulver agli NIN, dai Kyuss ai Queens Of The Stone Age, dai Tool ai Verdena. Veti e Culti, uscito il 25 febbraio 2022 Overdub Recordings – Epictronic e distribuito da Sony-The Orchard e Goodfellas Edizioni, ha ottenuto il plauso della critica di settore (Rumore, Ondarock, Impatto Sonoro, Rockit, Blow Up, Vinilicamente, Buscadero) ed è stato definito da Rockit come “uno dei dischi migliori degli ultimi tempi di rock italiano, nell’accezione più generale del termine”. L’album è stato citato tra le produzioni rock di rilievo uscite nel 2022 da “Il Giornale” ed inserito nelle classifiche dei miglior dischi del 2022 da alcune riviste e webzine di settore (Impatto Sonoro, La Repubblica, Il popolo del blues, Vinilicamente, ParanoidPark, per citarne alcune). Nel 2022/2023 la band ha promosso Veti e Culti con un tour che l’ha vista esibirsi in moltissimi festival e live club in tutta Italia al fianco di nomi del panorama nazionale e internazionale (Pier Paolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Andrea Chimenti, Pino Scotto, Meganoidi, Giorgio Canali, Nick Olivieri, Finaz e molti altri). 

Il rework di “Ohm” de Le Pietre Dei Giganti con il featuring di Victor Bomì pubblicato da Overdub Recordings e distribuito da Ingrooves/Universal è disponibile sulle piattaforme digitali dal 5 dicembre 2023 e in rotazione radiofonica da venerdì 8 dicembre.

 

 

In occasione dell’uscita del rework di “Ohm” abbiamo avuto il piacere di intervistare Le Pietre Dei Giganti. Il brano è stato rivisitato e reinterpretato attraverso la sensibilità artistica di Victor Bomì, che ha saputo mischiare sapientemente gli ingredienti dando nuova vita alla canzone. Il tribalismo psichedelico del pezzo originario flirta con atmosfere e ambienti sonori pregni di echi, riverberi e profonde suggestioni esoteriche.

 

Ciao ragazzi e benvenuti su The Front Row. Come prima cosa presentateci la formazione della band e da dove venite.

 

Ciao a tutti, noi siamo Le Pietre Dei Giganti e veniamo da Firenze. Siamo Lorenzo (voce e chitarra), Francesco (chitarra, cori e synth), Nicco (basso e synth) e Francesco (batteria e percussioni).

 

Raccontateci un po’ di storia della band: chi sono i fondatori ufficiali, quando è nata la band e com’è nata l’idea?

 

Il primissimo nucleo nasce dall’incontro tra Lorenzo e Francesco (le due chitarre) e dall’idea di non rinunciare completamente alla musica per la carriera accademica. Dopo un po’ di prove con Francesco abbiamo cambiato il vecchio bassista per Niccolò. L’idea iniziale era di suonare stoner, ma siccome era palese fin dall’inizio che i nostri ascolti ci portavano un territorio immensamente più ampio, abbiamo deciso di non porci necessariamente dei limiti di genere. Sicuramente, questo ci ha aiutato a trovare maggiormente una nostra identità musicale.

 

Presentatevi a chi non vi conosce: descriveteci il vostro sound e a quali gruppi e generi vi ispirate maggiormente. Tralasciando il solito discorso “non ci piace essere catalogati in un genere preciso”, in quale movimento/genere vi collochereste?

 

A noi piace essere catalogati! È divertente vedere come ogni rivista che ci recensisce tiri fuori terminologie differenti. Alt-rock, alt-stoner, psych-rock, art-rock, gothic folk, in alcuni casi ne sono alcune che non avevamo nemmeno sentito nominare prima. Pensa che una volta siamo stati proposti come “progressive rock” ad una serata ed il fonico si è lamentato con noi perché non gli tornavano i suoni che utilizzavamo sul palco. Col tempo, abbiamo scoperto che è più facile dire “metal” perché almeno i gestori sanno che picchi di volume aspettarsi. Quello che voglio dire, è che a noi le etichette non interessano, ci vanno bene tutte perché, se è vero che la musica è una forma d’arte, allora è giusto che ognuno ci veda quello che vuole e scelga l’etichetta che meglio rappresenti quello che la musica gli trasmette. Tutte le etichette precedenti sono giuste e sbagliate allo stesso tempo. Noi suoniamo rock e ci piace la musica psichedelica, quindi potremmo sicuramente dire che quello che facciamo è psych-rock. Ma anche questa descrizione è molto generica. Abbiamo sempre flirtiamo pesantemente con lo stoner, ma spesso ci allontaniamo dalla forma canzone classica. Qua e là si possono sentire echi post-rock, o dei Radiohead, o di band come i Verdena o più art-rock come gli Ulver. Abbiamo sperimentato con le strutture delle canzoni, le scale, le soluzioni armoniche, le strutture ritmiche, i tempi delle battute, cercando di fare scelte che sono in grado di mettere in discussione il processo di composizione e che, di conseguenza, ci hanno portato a tirare fuori la tua creatività per sbrogliare la matassa. Questo è un approccio un po’ prog, ed infatti non è un caso che il nostro nome rimandi al prog italiano d’annata. Alla fine dei conti, comunque, rimane rock: se sentite un nostro disco, però, non aspettatevi brani col ritornello. Non credo ci sia un movimento musicale di riferimento a cui apparteniamo. Il che, però, non è necessariamente un male. Questo, comunque, non ci ha impedito di suonare a qualche festival degno di nota o di condividere il palco con artisti di rilievo nella scena italiana.

 

Siete al lavoro su un nuovo album o lo state per pubblicare? Se sì, parlatecene un po’ altrimenti come descrivereste l’ultimo lavoro che avete realizzato e cosa possono aspettarsi gli ascoltatori dalle vostre canzoni?

 

Stiamo lavorando con del materiale dal vivo. Ci è stato detto, in più occasioni, che dal vivo suoniamo meglio che in studio. Siccome l’ultimo album è andato proprio bene, allora perché non provare con un album dal vivo. In fondo, è quella che negli ultimi due anni è stata la nostra dimensione e forse è il tipo di prodotto che potrebbe interessare a chi segue un progetto come il nostro.

 

Ora parliamo della vostra discografia e carriera: qual è stata la prima cosa in assoluto che avete mai registrato, cosa avete inciso fino ad oggi e quante esperienze dal vivo avete avuto?

 

La prima cosa che abbiamo registrato è stata la versione demo di “DMA” presso il Boomker Sound di Firenze. È una delle poche registrazioni in cui si può sentire il vecchio bassista. Ad oggi abbiamo inciso due album, un brano remix ed un paio di concerti dal vivo. Negli ultimi due anni abbiamo suonato circa 40 concerti in giro per l’Italia, aprendo band con un profilo internazionale come i Mars Red Sky o Nic Oliveri o nomi di punta in Italia come i Meganoidi, Giorgio Canali, Pierpaolo Capovilla e i Cattivi Maestri, Pino Scotto ecc…

 

Quale vostra canzone consigliereste a chi non vi ha mai sentiti?

 

Difficile scegliere. Di solito Spotify consiglia brani come Greta, ma è un brano del vecchio disco, e pur essendo un bel pezzo non riflette pienamente quello che siamo oggi. Potremmo consigliare un singolo come Quando L’ultimo Se Ne Andrà o Veti e Culti, ma in realtà sarebbe meglio ascoltarsi tutto il disco Veti e Culti. L’album è una sorta di concept ed il primo lato del vinile è una specie di opera unica.

 

Qual è finora il momento più bello e/o importante da quando siete una band? 

 

Forse quando la nostra recensione è uscita su Ondarock. Un altro momento importante è stato quando siamo comparsi su Rumore, anche in questo caso con un’ottima recensione ed un articolo specializzato il mese seguente. Poi vorrei dirti l’incontro con alcuni “grandi” che seguivamo da tempo, come quello con Giorgio Canali, Nic Oliveri, i Mars Red Sky, i Meganoidi, o Pino Scotto, ma in realtà ci sono stati episodi più significativi, ma non necessariamente felici. Sono momenti che ti aiutano a crescere come persona e a trovare un’identità come gruppo. Uno di questo è stato quando ci siamo ritrovati in mezzo ad una truffa orchestrata ai danni dell’associazione ACSI e dei clienti di una discoteca fiorentina. In sostanza, il locale ci aveva fatto intenzionalmente suonare a porte chiuse e l’evento non veniva menzionato da nessuna parte. L’evento vero (il compleanno di un noto calciatore) sarebbe cominciato dopo che noi ce ne saremmo andati, e l’associazione con l’ACSI avrebbe permesso alla discoteca di ottenere importanti agevolazioni fiscali sugli ingressi. Fin qui, siamo al limite della legalità. Il problema è che però i clienti che entravano venivano obbligati a rifare la tessera anche se ne erano già in possesso (ovviamente, i proventi venivano intascati solo dal locale, perché l’ACSI non avrebbe mai approvato). Erano persino presenti due fotografi – ignari di tutto – le cui foto sono state utilizzate in seguito per dare l’impressione che noi ci fossimo esibiti in alternanza al dj set. In realtà, quando la serata è cominciata noi eravamo già a casa. Siamo stati invitati ad di allontanarci e a “liberare lo spazio per l’evento vero e proprio” prima ancora che aprissero ufficialmente le porte. Dopo una consultazione non facile tra di noi, abbiamo deciso di fare la cosa giusta e di denunciare l’accaduto all’ACSI. Nel giro di poche settimane, l’ACSI ha denunciato il tutto alle autorità, il gestore è stato condannato per evasione fiscale ed il locale ha chiuso per qualche anno. A conti fatti, siamo felici di aver fatto la cosa giusta, per quanto faccia sempre dispiacere sapere che un locale debba chiudere. Non è stata una decisione facile. Ci siamo ritrovati davanti ad un bivio: chiudere gli occhi e fare finta di nulla, per intascare un misero compenso (70 €) ed evitare di essere ostracizzati nel giro dei gestori dei locali fiorentini, o se agire da cittadini responsabili, e fare un favore alla città ed agli altri musicisti che rischiano di ritrovarsi in situazioni di questo tipo. Riguardandoci indietro, forse è una delle azioni più coraggiose che abbiamo mai fatto.

 

Chi è il principale compositore del gruppo? Usate qualche metodo per assemblare tutte le idee che vi passano per la testa?

 

Francesco (chitarrista) è quello che ha composto più roba fino ad oggi. Anche Lorenzo, il cantante, compone e scrive testi. Secondo Marcello, il nostro discografico, il bello è che i due hanno uno stile complementare. Le idee le assembliamo su Logic, poi solitamente vengono un po’ rimbalzate avanti e indietro per smussare gli angoli. In questo momento stiamo provando a passarle anche prima in sala: a volte le DAW ingannano, sembra che manchi qualcosa, in realtà è solo il calore degli ampli.

 

Parlateci un po’ dei vostri testi: chi è il songwriter principale e quali sono gli argomenti che preferite trattare? E poi, meglio la lingua inglese o italiana?

 

Che domande, l’italiano nello stoner è sempre stato un nostro cavallo da battaglia! Se non avessimo usato l’italiano per la prima demo, probabilmente saremmo rimasti nell’anonimato ancora a lungo. Abbiamo sempre lavorato con la lingua italiana perché per noi quella è una vera sfida. L’italiano è una lingua molto “ariosa”, “vocalica”, difficile da utilizzare in un contesto rock. L’altra vera difficoltà è che quando scrivi in italiano devi essere vero. È più difficile scrivere delle cavolate, quando sai perfettamente il significato della cavolata che hai scritto e la devi pure urlare davanti ad un pubblico: non si scappa. La metrica è un casino, la sonorità è un casino per il rock, c’è sempre da mettersi le mani nei capelli ma è anche questo il suo bello. Per quanto riguarda i testi, quello che ha buttato giù più roba è Francesco (chitarrista), ma anche Lorenzo e l’altro Francesco contribuiscono spesso. L’approccio può essere molto variabile. A volte alcune cose sono l’opera di una persona sola, a volte sono lavori a quattro a sei mani. Cerchiamo di utilizzare la voce come un vero e proprio strumento, cercando di integrare il più possibile dei testi che siano capace di dare forma alle idee o alle immagini che vogliamo evocare. È un difficile equilibrio tra il cercare di suonare armoniosi ed evitare di essere pedanti o verbosi. Spesso ci viene criticato che la voce non sia abbastanza “davanti” nel mix, ma questa per noi, è una scelta stilistica. Il testo ha la sua importanza, ma non deve distogliere l’attenzione dalla musica, cosa che, purtroppo, avviene troppo spesso. In Italia, in generale, è difficile trovare delle produzioni dove la voce abbia lo stesso ruolo che ha, ad esempio, in un brano dei Thee Oh Sees.

 

Quant’è importante per voi l’attività live di una band e quant’è determinante, secondo voi, la presenza scenica e perché?

 

La presenza scenica è importante. Al tempo stesso, è fondamentale la dimensione interiore che ti porta a realizzare quella presenza scenica. Ancora una volta, è importante essere “veri”: più si è in trance e più il pubblico viene rapito, ma questo spesso non dipende da te. Quando uno è rapito dalla musica che sta suonando, la presenza scenica diventa una conseguenza della musica stessa. Non ci pensi neanche, e funziona perché non c’è sforzo dietro. Quando questo si realizza, il pubblico lo percepisce subito. Quanto all’attività live, è fondamentale per fare vedere che suoni in giro. Al tempo stesso, però, è importante capire che una data nel posto giusto, col sound giusto, coi fonici giusti, col numero di canali giusti (sigh), col rapporto giusto col locale, è meglio di molte date fatte davanti al pubblico sbagliato e in condizioni non adeguate. I locali devono fare selezione, ma l’esperienza ti insegna anche a selezionare i palchi adatti alla tua proposta.

 

Quanto conta, secondo voi, il look di una band al giorno d’oggi? Voi avete un vostro “dress code” oppure salite sul palco come capita?

 

Il dress code è stato sempre una spina nel fianco e oggetto di non poche discussioni all’interno del gruppo. A detta di chi scrive (e non della band, mi assumo le mie responsabilità) il look conta tutto e conta il giusto. Se fai della musica che spacca, se sei veramente bravo, il tuo aspetto con conta ed avrà uno scarso impatto sul tuo successo. Lo avrà, ti rallenterà, ma solo fino ad un certo punto. Ci sono tanti artisti che, purtroppo, investono un sacco di soldi per il look – tra cui includo, quindi, anche l’investimento sui social network – e che poi non reggono il confronto quando suonano dal vivo. A maggior ragione, proprio perché l’immagine di un qualsiasi live act non è mai stata brandizzata e studiata a tavolino come oggi, è importante riuscire a rimanere reali, autentici. Per la musica che facciamo noi, potremmo anche vestirci come il Kurt Cobain di turno, ossia come diavolo ci pare. Dopo aver battibeccato un po’ tra di noi, alla fine abbiamo deciso di rimanere sul look camicetta psichedelica e pantaloni lunghi, spesso neri. Di inverno sbuca qualche camicetta di flanella. Forse non la scelta più originale, ma funziona. Non escludiamo però, in futuro, di poter giocare un po’ di più con l’aspetto esoterico della nostra musica. Abbiamo provato col trucco ed è stato molto carino, magari in futuro potremmo sperimentare con la pittura fluorescente.

 

Cosa possono aspettarsi i ragazzi che vengono ad assistere ad un vostro show?

 

Tanta energia, tanto sudore, tanta passione. Chi viene veramente a sentirci, comunque, è lì per ascoltare. Ci fa piacere quando suoniamo un pezzo più rilassato e percepiamo la concentrazione del pubblico.

 

Un vostro parere sulla scena italiana e suggerimenti per accrescere il movimento underground sempre più affollato; inoltre vorremmo che ci indicaste quali sono, secondo voi, i migliori gruppi italiani del momento.

 

Il suggerimento spontaneo che possiamo fare a tutti è il seguente: parafrasando Hemingway, un musicista è un artista e, come tale, di solito, è un rosicone. Non sarà mai veramente felice del successo di un altro artista, perché lo farà sentire inferiore. E non c’è un male in questo: la parte difficile è accettarlo. La parte difficile è mettere da parte questa invidia ed iniziare ad aiutare il prossimo, mettendo da parte l’ego e l’orgoglio. Quindi il mio appello agli altri gruppi italiani, di qualsiasi genere e provenienza, è il seguente: dobbiamo tutti imparare ad essere fratelli perché, anche se qualcuno se la passa meglio di altri, siamo tutti sulla stessa barca. Noi abbiamo avuto a che fare con qualche band di sbarbatelli che se la credevano perché avevano un mezzo contratto con un’etichetta indie ed un booking, ma quelli dopo due anni sono morti e sepolti e noi, pur nel nostro piccolo, dopo sette anni siamo ancora qui. Poi incontri gente come Finaz della Bandabardò che dopo due chiacchiere ti tratta come un fratello e capisci che l’unica cosa che ti tiene veramente a galla nel business è essere una bella persona e di trattare sempre tutti i musicisti come se fossero tuoi fratelli. Però questo non basta. Bisogna scrollare di meno, mettere meno “parteciperò” ed andare veramente alle serate che organizzano gli amici o le altre band. Anche solo per curiosità. Un altro step importante è quello di formare dei piccoli collettivi di musicisti, in modo da proporre dei format, delle serate nei locali in modo da fare sì che il pubblico di una band diventi quello di un’altra e creare così delle piccole scene. Abbiamo visto una situazione di questo tipo a Modena, ed è stato bellissimo, ma di situazioni di questo tipo ce ne sono veramente poche. Sui gruppi italiani del momento è difficile esprimersi, perché ascoltiamo tanta musica che viene da fuori. Posso tirare fuori alcuni nomi che mi sono passati parecchio davanti quest’anno: i Messa, Emma Nolde, Giovanni Truppi, gli Handlogic, Motta, i C’mon Tigre. Il disco più bello del 2023, probabilmente, è quello dei Bud Spencer Blues Explosions.

 

Ultima cosa: lasciate un breve messaggio di saluto che possa anche convincere le persone ad ascoltarvi.

 

Se il lettore è arrivato fino a questo punto dell’intervista, sono sicuro che starà già ascoltando qualcosa. In ogni caso, vi salutiamo così: se vi piacciono i dischi fatti un po’ come si facevano una volta, quando gli artisti non erano ancora strettamente legati ad un’idea precisa di genere, ed ogni disco era una specie di immagine che catturava un viaggio personale di un certo momento della crescita personale di un’artista, allora il nostro disco Veti e Culti fa per voi. Ci trovate su Spotify, su Instagram e su tutte le piattaforme digitali. Su Youtube c’è anche qualche video di una nostra performance dal vivo, se vi piace o non vi piace, lasciate un commento del tipo: “ho letto l’intervista per The Front Row ed eccomi qua”. Un abbraccione!

 

Le Pietre Dei Giganti: Facebook | Instagram | Bandcamp

 

Intervista a cura della Redazione

SI ringrazia Red&Blue – Music Relations

 

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