Chi vi scrive lo fa da un treno, direzione Roma. Fra due ore devo essere in ufficio, ma prima di tornare alla mia scrivania – grigia e triste – voglio raccontarvi per bene il Lars Rock festival.
La serata di ieri, quella conclusiva, ha visto i Wolfmother chiudere nel migliore dei modi questa edizione 2019.
Prima del gruppo di Andrew Stockdale, sul palco i Becoming X e i Black Rainbows.
I primi, collettivo di musicisti e artisti, salgono accompagnati da Davide Ferracci, che disegna e proietta sul maxischermo del palco. Disegni e scritte che affianco le note: un concerto di immagini. Bellissimo.
I Black Rainbows, subito dopo, sono il gruppo perfetto per infiammare il pubblico prima dei Wolfmother. Con 10 anni di attività, 6 album e 2 ep il trio capitolino dimostra tutta la sua esperienza on stage, riuscendo totalmente a coinvolgere la folla in quasi un’ora di puro rock.
Ma ecco che ci siamo, è arrivato il momento che tutti aspettiamo: i Wolfmother salgono sul palco, precisi come un orologio, alle 23. Un’ora e mezza di successi: il quarto pezzo è “Woman”, la canzone che li ha consacrati al grande pubblico nel lontano 2005. Andrew trova il tempo di fare anche una cover: è “Communication Breakdown” dei Led Zeppelin, anno di grazia 1969, accolta dal boato del pubblico. La chiusura è epica: Joker and The Thief a volumi altissimi, che ti attraversano dentro e ti fanno inevitabilmente scatenare finchè assolo di chitarra non ci separi.
Un Andrew visibilmente emozionato e contento saluta il pubblico di Chiusi. Nonostante tutte le cose dette e scritte sul suo conto, è tutt’altro che il ragazzo descritto dalle riviste. A tratti timido, tranquillo e che silenziosamente prima di suonare è stato dietro il palco ad ascoltarsi – compiaciuto – i gruppi che lo precedevano.
Ma tornando per un attimo a quello che è stato il Lars Rock Fest. Dicevo, appunto, che sono qui su questo treno a scrivere e sistemare le foto. Pensavo, tra me e me, che spesso la musica è sacrificio: sia che la suoni, che la produci, la ascolti, la fotografi o la rendi fruibile a tutti. Ma è un sacrificio che si fa volentieri: lo sanno bene tutti questi ragazzi di Chiusi. Prendete una cittadina di circa 8.000 anime, un bel parco pubblico, tantissima volontà ma soprattutto organizzazione ed ecco che riesci a realizzare tre giorni di festival praticamente perfetti.
Da semplice spettatrice ho apprezzato in ogni giornata tutto quello che ruotava intorno a questo evento: dai mercatini del disco, ai vari stand di libri, oggetti, illustrazioni. Per non parlare dell’ottimo cibo preparato dalle cucine (evviva i pici all’aglione!) e dei bellissimi bicchieri colorati – di plastica riutilizzabile – da riempire con birre o semplicemente con acqua (gratuita e potabile). Tanto di cappello, ragazzi: davvero. In dodici anni di onorata carriera (“sarcasm”, come direbbe Sheldon) ho visto tanti festival pieni disorganizzazione, con dettagli lasciati al caso e pubblico allo sbaraglio. Qui ho visto solo tanta passione, gentilezza (che non è mai scontata) e duro lavoro ripagato però da delle serate piene di persone entusiaste e felici come quella di ieri.
Sempre ieri poi, più o meno a metà concerto, il cantante dei Wolfmother ha urlato una frase: “Rock n’ Roll is still alive in Italy, man!” Come dargli torto? E’ vero, e la realtà del Lars Rock Fest ne è la dimostrazione.
All’anno prossimo!
(Grazie ancora a tutti i ragazzi del Lars Rock Fest, you rock!)
Testo e foto di Paola D’Urso
Wolfmother
Becoming x
Black Rainbows