Gleason – Il film

Quando ogni individuo si sveglia e pensa a tutti i problemi che gli rendono la vita difficile, dovrebbe fermarsi un secondo a riflettere su quanto possano essere semplici sciocchezze rispetto a quello che subiscono tutte le persone affette da malattie di questo Mondo.

Non credo esistano malattie di serie A e malattie di serie B, ma di sicuro ci sono malattie curabili e malattie incurabili.

Una delle malattie dove la scienza sta facendo passi da gigante per cercare di trovare il metodo giusto per guarire le persone è sicuramente la SLA.

Questa terribile malattia è caratterizzata da rigidità muscolare, contrazioni muscolare e graduale debolezza a causa della diminuzione delle dimensioni dei muscoli. Ciò si traduce in difficoltà di parola, della deglutizione e, infine, della respirazione.

l’Ex capitano del Genoa Signorini e l’ex bomber della Fiorentina Borgonovo, a loro malgrado, resero pubblica la malattia In Italia.

Tramite ex compagni e fondazioni a loro nome fanno sì che la ricerca possa lavorare per cercare di trovare una cura a questa malattia che ha ancora il 95% di cause non note.

Tutti questi eroi moderni che sfidano la malattia, per fortuna non sono più visti come degli emarginati, ma come delle persone che hanno una loro vita se pur difficile che grazie alla ricerca e alla tecnologia hanno la possibilità di avere una vita sempre più normale.

Dopo questa dovuta presentazione veniamo al protagonista del documentario: Steve Gleanson.

Personalmente come sono venuto a conoscenza della vita di Steve?

Precisamente nell’ottobre del 2013 con l’uscita di Lightning Bolt, il decimo disco in studio dei Pearl Jam.

Per promuovere l’uscita del disco la band si fece intervistare da diversi amici tra cui un ex giocatore di football americano: Steve Gleason.

 

Steve è un malato di SLA e grazie a tanti amici e sostenitori, tra cui Mike Mccready dei Pearl Jam, ha creato una associazione: No white flags.

Davanti alla malattia siamo tutti uguali non ci sono distinzioni e la sua storia è straordinaria perché colpisce non tanto la carriera sportiva di Steve, ma la sua vita personale prima e dopo la malattia.

A 31 anni nel 2008, Steve lasciò il football per dedicarsi alla famiglia.

Nel 2011 gli viene diagnosticata la SLA e da lì incominciò la sua seconda vita.

Quando sei uno sportivo professionista come Steve non pensi mai che ti possa accadere una disgrazia del genere, ma da questo non si è mai fermato provandole tutte.

Purtroppo la malattia continua nel suo percorso, ma la vita va avanti tanto da dare a Steve e a Michael, sua moglie, la notizia dell’arrivo del suo promo genito Rivers.

Questa notizia dona alla coppia la linfa vitale per andare avanti ed affrontare con consapevolezza la malattia di Steve.

Non ho mai avuto parenti o amici afflitti da malattie simili, ma posso solo immaginare quanti sacrifici e soprattutto quanto amore ci debba essere in una coppia per poter portare avanti un cammino simile.

Questo video diario per suo figlio, mostra le fragilità di un uomo comune che piano piano, nonostante la perdita delle forze, si stia trasformando in un super eroe moderno.

Le promesse che si fanno durante il matrimonio sono ben visibili in tutto il documentario e l’amore coniugale ma soprattutto l’amore per la vita e per gli altri porta la famiglia Glenson a fondare l’organizzazione: No white flags.

Con questa fondazione aiutano tutti i giorni i malati di SLA ad esaudire i propri sogni e soprattutto per finanziare la ricerca.

Tutti le persone che hanno la fortuna di diventare genitori possono capire quanto possa essere difficile crescere un bambino e se si è malati come Steve le difficoltà aumentano esponenzialmente, ma per fortuna l’amore ha il predominio sull’egoismo della singola persona.

La semplicità di questi due ragazzi venne fuori ancora una volta perché decisero di occuparsi al 100 % della famiglia lasciando che la fondazione venga gestita da altre persone in modo autonomo.

L’amore negli occhi di quella donna sono una delle cose più belle del film.

Il documentario si conclude con il presente della vita di Steve, fatta di allegria e condivisione della loro felicità con il prossimo.

 

Steve è molto attivo sui social e ha una voglia di vivere.

Il suo unico scopo oggi è quello di poter diventare un padre migliore di quello che lo è stato il suo.

Questo documentario non lo consiglio agli amanti dello sport o dei Pearl Jam, ma a tutte quelle persone che hanno bisogno di stimoli per andare avanti nella vita.

La vita è fatta di gioie e delusioni ed è fondamentale affrontarle con serenità soprattutto insieme a delle persone che ci vogliono bene.

Quello che si capisce dal documentario è che da soli è difficile affrontare i problemi della vita, ma insieme si possono affrontare qualsiasi ostacolo della vita che esso sia banale o meno.

La frase che mi è rimasta più impressa è:

“dalle avversità nascono gli eroi”

Steve, Alex, Bebe e tutti voi che agite dietro le luci della ribalta siete i miei eroi, come tutti quelle persone che decidono di affrontare un cammino pieno di ostacoli solo perché credono in quello che fanno.

No smettete mai di sognare e di credere in quello che fate.

Non ascoltate chi vi dice di abbandonare i vostri sogli per tornare sulla via più semplice.

Ascoltate quelle persone che vi vogliono bene e che vi guardano come Michael guarda Steve tutti i giorni.

Per maggiori informazioni visitate il sito http://www.teamgleason.org/ per donazioni ed informazioni  sulla malattia e sulla vita di Steve.

In Italia c’è la arisla  http://www.arisla.org/ perché non basta farsi un filmato per aiutare gli altri, la malattia delle persone è una cosa seria e non è una moda passeggera.

Bisogna aiutare la ricerca sempre.

Trailer del documentario che trovare disponibile sulla piattaforma Amazon Prime video

 

La colonna sonora del film di Mike Mcready

 

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