Amore. Questa è la parola più giusta per raccontarvi il concerto di Nino D’Angelo al Teatro Colosseo di Torino di sabato 25 marzo.
Amore del pubblico per questo artista immortale. Amore di Nino verso i suoi fan. Il locale torinese solitamente composto e compassato si è trasformato nella curva dello Stadio Maradona, con cori e applausi, ancor prima che si alzasse il sipario sullo spettacolo.
L’entusiasmo di questo scugnizzo ormai 65enne è grandissimo, forse la voce non è più quella degli anni d’oro, ma che importa. Qualche piccola stonatura è coperta dalla sua gente pronta ad accompagnarlo in ogni suo brano, vecchio o nuovo che sia. In sala un pubblico trasversale e di tutte le età, lo stesso artista ha commentato «Vedo tantissimi giovani. Probabilmente sono i figli delle mie canzoni d’amore»
Il suo show è stato divertente, ricco di intermezzi in cui D’Angelo ha raccontato aneddoti della sua vita. Dai tempi duri della gioventù, quando a causa della povertà non ha potuto studiare, per passare alla sua storia di amore con Annamaria, sposata dopo una fuitina, quando lei aveva appena 15 anni.
Se dobbiamo trovare un altro sostantivo adatto per raccontarvi di questo show è empatia. Raramente artisti affermati sono disponibili a stringere mani, a salutare la gente, a fare dediche. Eppure lui che è arrivato dal basso, dalla gavetta, sa cosa vuol dire abbracciare i fan, piccoli grandi gesti, che lo rendono umano, anche se può apparire inarrivabile.
Quel pubblico a cui ha tributato un grande ringraziamento: «riuscite a mettere forza anche quando la forza non c’è. Se non c’è il pubblico chi siamo noi?».
E poi ancora a raccontare come è cambiata la sua vita con l’arrivo del successo: «Il grande pubblico l’ho conquistato facendo la sceneggiata al Teatro Alcyone. Il più grande di tutti, nella sceneggiata è stato Mario Merola. Questo grande artista, invitato a Domenica In da Pippo Baudo, disse che sarei stato il suo erede. Questa cosa mi fece enorme piacere, ma mi preoccupò, perché era una grande responsabilità. Sapevo già che comunque che per bravo che fossi sarei arrivato sempre secondo, così mi inventai un nuovo genere. In una città che già faceva canzoni che sembrava Gomorra, io pure feci successo con una canzone che si chiamava “Lo scippo”. Poiché non amo quelle cose brutte che caratterizzano Napoli, decisi di parlare di cose belle, della gente e così nacque quello che oggi tutti chiamano neomelodico. A scommettere su di me fu Franco De Paolis, che mi regalò un pianoforte, visto che il mio aveva un tasto sì e uno no. Con quello strumento, scrissi Un jeans e una maglietta e di lì partì il mio successo, che risolse tutti i problemi della mia famiglia, pure di quelli che erano morti».
Tra un aneddoto e l’altro D’Angelo ha proposto tantissimi brani del suo repertorio in un’altalena di emozioni, culminate in quello che è stato il momento più delicato: la dedica a suo padre. «Un piccolo grande uomo – ha detto Nino – che ho amato come nessun altro mai».
Il gran finale (non c’è stato un vero e proprio bis) è stato l’elogio a Napoli, inteso come città, ma anche come squadra di calcio. Nino ha intonato l’inno ufficiale degli azzurri e in sala è apparsa la sciarpata, proprio come se fosse uno stadio.
Nel ringraziare il Teatro Colosseo, Cocchi Ballaira di Adfarmandchicas e lo staff di Nino D’Angelo per l’invito, ricordiamo la scaletta della serata.
INTRO
Pane e canzone
Voglio parlà sul d’ammore
Chesta sera
O’ schiavo e o’ re
A storia e’ nisciun ½
Bella (poesia)
Jamm ja
Fra 50 anni
Fotoromanzo
Fantasia
10
4305 Acto AN
Sultanto si perdesse a te
Cattivo pensiero
Batticuore
Maledetto treno
Mente cuore
Na muntagna e poesie
Mari’
‘O Pate
Senza giacca e cravatta
Jesce sole
Stupida avventura
Per sempre tua sarò
Chiara
MEDLEY
Nu jeans e na maglietta
Sott’e stelle cupi
Sogno d’estate
Ciao amore
lo vivo
Poesia
Chi sa si me pienze
Luna Spiona
Vai
Il cammino dell’amore
Pe te Conquistà
Pop corn e patatine (1.35)
Napoli
Testo a cura di Aurelio Hyerace
Foto per gentile concessione di Vincenzo Nicolello