Artista: Carla Dal Forno
Album: You Know What It’s Like
Etichetta: Blackest Ever Black Records
Booking: Jala Media
Una giovane australiana trapiantata a Berlino, un passato tra sensibili e semisconosciuti progetti solisti e in gruppi che rispondono al nome di F Ingers e Mole House. E ora, una meraviglia di Lp che getta luci su una artista che danza a cavallo tra una elettronica dark e un noir pop molto ricercato. È Carla Dal Forno, e produce You Know What It’s Like per la Blackest Ever Black Records. Otto brani di un intensità spettrale, conditi da una miscellanea di elettronica minimale che, per gli amanti delle definizioni di genere, va a confluire in un manifesto sadness-core. Non fatevi ingannare dalle sue radici italiane, la gelida Berlino colpisce nel segno e regala vibrazioni sonore di drammatico surrealismo musicale, con accenni di field recording e interpretazioni alte e profonde. Decidiamo di fare questa recensione postuma all’uscita (ottobre 2016) perché a un network musicale che lascia per strada Carla Dal Forno mancano inevitabilmente degli ingranaggi per capire il nostro tempo musicale. Mai aggressiva e ripetitiva, l’artista che girovagava nella scena indie di Melbourne (definita dai Tame Impala come un’esperienza da dimenticare), è infatti, un paradigma per visionare l’oscurità dei tempi moderni, addolciti da una voce sensoriale ma calpestati dal buio e dalla solitudine.
Italian Cinema lo mette subito in chiaro, con effetti elettronici ciclici e un uso velato di strumenti musicali da contorno per creare quell’atmosfera di buio emotivo che porta a Fast Moving Cars. Una canzone che non ama in realtà nessuna velocità, e che inizia a farci ammirare la voce di Carla Dal Forno, metà strada tra indolenza e dolce abbandono. È l’economia dei sentimenti, che spinge verso un art pop di incredibile presa. Con DB Rip si torna nel mantra elettronico stile Raime, senza bisogno di parole ma solo con la forza espressiva di una composizione da drama docu-film con tinte medievali nei titoli di coda. L’incredibile forza del dubbio alimenta What you gonna do now, condita da archi misteriosi e dalla malinconia, mentre Dry in the rain assicura all’artista australiana l’immortalità negli arrangiamenti, grazie a flauti peruviani e voci di sottofondo. La retorica figurativa è invece quello che ci accompagna in Dragon Breath, un respiro di un incubo sonoro dove si prepara la strada al conclusivo epitaffio dell’ultima traccia. The same Reply è infatti l’effetto scenico che chiude il cerchio, cullando l’atmosfera e regalando attimi di piano.
Un nome nuovo, impossibile da trascurare e che aspetta di essere assaporato dal vivo. Dopo la data di stasera a Roma (Unplugged Monti @ Black Market), andata sold out da tempo, ecco le tre altre possibilità per ammirarla:
– Milano (Standards, 26 gennaio),
– Udine (Dissonanze @ Visionario, 27 gennaio),
– Bologna (Covo Club, 28 gennaio).
Il culto di Carla Dal Forno è solo all’inizio.
Testo a cura di Andrea Alesse