Circa cinque anni, fa un mio amico mi disse che degli strambi tipi di New York si costruivano da sole le pedaliere e addirittura alcuni ampli, e che in un tour europeo con i nostri Soviet Soviet avevano prestato gli stessi oggetti al gruppo italiano con immenso piacere. Così, solo per il gusto di amplificare il lor rumore e vedere la luce del noise nei loro occhi.
Questi strambi tipi, rispondenti al nome di A Place to Bury Strangers li ho trovati ancora belli carichi ieri sera al Circolo Magnolia, per un live che ha fatto sanguinare le orecchie di chi ha giustamente sfidato una pioggia estiva che non ha corroso in alcun modo il live degli americani.
Un trio di culto, con la voce e la batteria di Lia Simone Braswell, donzella nascosta tra i fumi di un set che nasconde effetti ad ogni giro di boa, tra luci al neon con laser stroboscopici e visual stranianti che lampeggiano come in un disegno cinematografico. Ma sopra di tutto, ancor più di tali effetti, abbiamo la musica rumorosa di una band che predica il noise distorto e la psichedelia come mantra per uscire da sé stessi, in un barlume di speranza che si ciba di oscurità malata, figlia di un Dio dark tritato con la metrica della velocità.
A tirare le redini, come sempre, lo scheletro di Oliver Hackermann (libidinosa la sua maglietta col numero 2 dietro la schiena) , evergreen in prima linea anche con le canzoni del nuovo lavoro “Pinned“, e figlio di una meticolosa ricerca della luce sonora che dal vivo non lascia scampo. Continuativi, energici e sopra le righe, i tre (al basso il neozelandese Dion Lunadon), non si riposano un attimo, suonando senza una setlist predefinita e spostando gli amplificatori a piacimento (So far away è il pezzo perfetto per questo).
The Loudest sound in New York City all’improvviso a Milano, anche quando Lia prende in mano un arpa e I due maschietti planano in mezzo al pubblico con basso e strumentazione sintetica, per un lungo viaggio che sposta il palco tra Ia folla come in un rituale apotropaico. È il dono di Marcel Mauss che gli A Place to Bury Strangers fanno a chi è arrivato al Circolo, intonando una miscela di disco-noise che velocizza i Pissed Jeans e le urla di At The Drive In-memoria. Tutti insieme, in un set anarchico, per venerare il rumore e le gesta di pezzi come Machine Jam #1 e #2, anche quando gli strumenti roteano e l’atmosfera si fa cupa sotto la tentazione di uno spirito punk onnipresente.
Una macchina da guerra che non si inceppa, i nostri A Place to Bury Strangers, originali e vivi dal 2007 ad oggi.
Grazie al Circolo Magnolia per l’ospitalità.
Andrea Alesse
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