È proprio qui, nell’Anfiteatro della dimora di Gabriele d’Annunzio (il Vittoriale), che questa sera si esibisce una leggenda del rock britannico, nonché uno dei nomi più celebri del programma di quest’anno: Steve Hackett, uno dei migliori chitarristi in circolazione nonché ex membro dei Genesis, gruppo che ha fatto la storia del rock progressivo.
È una bella sera di luglio, la luce del tramonto permette di ammirare la splendida vista del lago al di là del palco, la calura del pomeriggio ormai ha lasciato il posto a una temperatura confortevole.
Steve Hackett sale sul palco puntualissimo, regalando subito al suo pubblico Please Don’t Touch e Every Day due brani datati fine anni 70.
Non capita tutte le sere di assistere al live di una leggenda della musica contemporanea: nelle sue mani la chitarra prende vita, trascinando la platea gremita in un vortice rock dal ritmo ora frenetico ora inquieto.
Steve domina il palco, ma lascia anche spazio a tutti gli altri per brillare: Roger King (Gary Moore, The Mute Gods), alla batteria, Gary O’Toole (Kylie Minogue, Chrissie Hynde) alle percussioni, Rob Townsend (Bill Bruford) al sax, flauto e percussioni , Jonas Reingold (The Flower Kings) al basso e chitarra e Nad Sylvan (Agents of Mercy) alla voce.
Intanto Steve avanza di qualche decennio (quanti artisti possono vantare un catalogo tanto vasto e duraturo nel tempo?) con un successo del 2017: Behind The Smoke, con i suoi ritmi trascinanti che si alternano a sound sperimentali e inquieti.
Il chitarrista dimostra di saper creare un forte legame con il pubblico: si rivolge alla platea più volte, ringraziando, accennando qualche parola di italiano, annunciando il brano successivo. Applausi e urla accompagnano ogni canzone, segno che per molti trovarsi lì, a pochi metri dal chitarrista, in un’esibizione live di così alto livello, è un sogno che diventa realtà.
Steve Hackett termina il tour da solista con Shadow Of The Hierophant (1975), i fan ringraziano Steve con un lungo applausi, e già inizia la seconda parte della serata: quella dedicata ai Genesis. Il pubblico non può non riconoscere Dancing With The Moonlit Knight, tratto dall’omonimo album del 1973.
Nad Sylvan, dalla voce androgina ed eclettica, interpreta i brani in modo drammatico, seguendo le parole e il ritmo con tutto il corpo, con gesti carichi e teatrali. I testi, spesso esoterici e criptici, dal linguaggio simbolico e dall’immaginario religioso, occupano solo una porzione limitata delle canzoni, in cui grande spazio viene riservato a pezzi puramente strumentali.
La lunghezza media dei brani permette che ritmi e sound diversi si rincorrano nello stesso pezzo, passando da melodie malinconiche e inquietanti a pezzi frenetici e puramente rock.
Sul palco le luci contribuiscono ad aumentare il fascino della musica, ora proiettando un inquietante rosso intenso, ora dividendosi in mille colori, ora coinvolgendo il pubblico, ora illuminando solo un artista. Si avvicina ormai il momento dell’ultimo pezzo: un successo del 1972 che risuona nell’anfiteatro potente e attuale ancora oggi. Il pubblico la riconosce subito: Supper’s Ready. Con la sua durata che si avvicina alla mezz’ora e i suoi simboli esoterici, per non parlare dei lunghi brani strumentali inframmezzati da un testo lungo e complesso, è senza dubbio una canzone unica nel suo genere.
Allo spegnersi delle ultime note Steve presenta di nuovo i suoi colleghi, fra l’applauso e le urla della platea, ormai tutta in piedi, e si allontana dal palco, per essere subito richiamato dalla folla euforica. C’è posto ancora per un brano: Los Endos perfetto per i congedi: “There’s an angel standing in the sun./ There’s an angel standing in the sun,/ Free to get back home…”.
Un concerto splendido, un susseguirsi di pezzi rock di rara qualità, un’armonia fra i brani da solista e quelli dei Genesis. Un’esperienza imperdibile per tutti gli amanti del rock.
Steve Hackett terminerà il suo tour italiano a Pistoia il 14 luglio.
Testo di Anna Travagliati, fotografie di Sandro Niboli.
Si ringrazia Ja-La Media Activities per il gentile invito
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