42,195 km questa è la distanza che si compie per correre una maratona. Si possono percorrere gli stessi km per un festival musicale? La risposta è sì.
Per godersi in pieno l’atmosfera del Northside Festival di Aarhus in Danimarca, tra i palchi è gli svariati stand eno-gastronomici, questi sono i km che bisogna percorrere.
Io grazie al lavoro sopraffino della redazione di The Front Row, ho avuto il privilegio di poterci partecipare come inviato e adesso proverò a raccontarvi la mia personale esperienza.
Appena arrivato nella zona del festival, la prima cosa che mi salta all’occhio sono i tantissimi giovani nello staff e le tantissime biciclette parcheggiate.
L’accoglienza è molto positiva tanti sorrisi e un tempo meteorologico non tanto danese. Rispetto all’anno scorso, dove il freddo e la pioggia l’hanno fatto da padrona, quest’anno caldo e sole cocente per tutti e tre i giorni.
In un festival bisogna soddisfare le esigenze di tutto il pubblico, mischiando i generi come rap, indie, rock, alternative e dance.
Il primo giorno il gruppo principale sono stati i War On Drugs.
Il gruppo americano l’avevo già apprezzato nel meraviglioso concerto del Fabrique di Milano nel 2017 e anche qui ad Aarhus non hanno smentito le attese.
In tutti i festival i gruppi hanno sempre una setlist più ridotta per dar modo a tutti i gruppi di potersi esibire, ma non tutti sono i Pearl Jam o Springsteen e quindi i War On Drugs hanno fatto la loro meravigliosa e classica setlist, tra brani nuovi e più datati. Possono piacere o meno, ma l’atmosfera magica che riescono a sprigionare i War On Drugs non è comune.
Una menzione particolare per le bellissime Warpaint, i giovanissimi Greta Van Fleet e l’icona del rap Mike D, senza dimenticare uno dei maggiori esponenti dell’indie rock ovvero i Future Islands.
Il concerto di Bjork? Si non mi sono dimenticato di lei.
Prima dei War On Drugs ha cantato la regina islandese che come da suo solito non si è voluta far fotografare, ma che con una scenografia rappresentante la natura, ha fornito una interpretazione sublime nonostante non canti i suoi cavalli di battaglia.
Bjork è quell’artista che ogni volta da al pubblico una feedback emozionale che va oltre la musica. Chiudendo gli occhi ti porta in mondi paralleli emozionali che danno gioia e pace interiore. Magica.
Il secondo giorno è quello più intenso.
Si comincia subito con i Rival Sons, che mi fanno tornare alla mente quel Sonisphere del 2011 quando suonarono all’ora del colazione e al loro successivo concerto in autunno al Corallo di Reggio Emilia dove mi fecero una grande impressione.
Da quel giorno tanto tempo è passato, i loro dischi hanno sempre avuto un grosso successo e la critica li ha sempre elogiato come paladini del Classic rock.
Aprono subito con Pressure And Time e suonando così presto possono solo eseguire i loro brani di successo come la bellissima Jordan. Sono cresciuti e ora mai sono veramente degli animali da palcoscenico, ma nonostante passi il tempo non riescono a salire di livello e continuano a suonare nelle ore diurne. Peccato.
Come i Rival Sons, anche i Cigarettes After Sex li ho già visti dal vivo, ma più recentemente a Villa Torlonia a Cesena nel 2017.
Visto che è un gruppo molto amato in Italia tornerò a vederli tra qualche settimana nella mia Ferrara, durante la rassegna di Ferrara Sotto Le Stelle. È difficile inquadrare il gruppo americano, perché al primo ascolto non puoi apprezzare quella voce così soporifera e sussurrata.
Non eseguono riff degli del miglior Mark Tremonti, ma sfiorano le corde come quando una mano di un uomo sfiora il corpo di una donna. Sono brani da ascoltare mentre si sta in piacevole compagnia da mettere in sottofondo prima durante e dopo aver fatto l’amore. Ovviamente un festival all’aperto non è una delle migliori location romantiche, ma con un po’ di fantasia e brani come K, Apocalypse o John Wayne qualsiasi posto va bene, purché si sia accompagnati dalla persona giusta.
Dopo Mike D il giorno prima, anche nella giornata di venerdì tocca ad un’altro mostro sacro del rap: Pharrell Williams e i suoi N. E. R. D. Come da tradizione il suo sound è molto apprezzato anche dagli amanti del rock visto che si fa accompagnare non solamente dal classico Dj, ma da una band vera e propria con annesse ballerine belle ma soprattutto brave. Hanno recentemente pubblicato un nuovo disco, ma si fanno apprezzare soprattutto per i brani Drop It Like It’s Hot e She Wants To Move.
Liam Gallagher non ha bisogno di presentazioni. Il suo ultimo disco lo reputo uno dei più belli del 2017 e i brani che lo compongono anche dal vivo rendono molto bene.
La gente però vuole i brani degli Oasis e verranno accontentati anche con delle piacevoli chicche come Some Might Say. La sua voce è molto tirata, sembra quasi fare fatica e la sua fama da bad boy non riesce proprio a nasconderla arrabbiandosi più e più volte con il pubblico. Sarà pure una testa calda, ma quando parte l’intro di Wonderwall mette tutte le male lingue a tacere perché questo brano vale solo lui il prezzo del biglietto e magicamente la sua voce torna magica come se la macchina del tempo lo abbia riportato indietro di vent’anni quando faceva finta di andare d’accordo con il suo fratello Noel.
Fino ad ora ho descritto tutti gruppi che avevo già visto in passato, ma la mia attenzione è solo per un gruppo ed in particolare per il suo leader: Maynard James Keenan. Sono esattamente 18 anni che aspettavo il momento di vedere gli A Perfect Circle dal vivo e finalmente grazie all’uscita del loro disco Eat The Elephant e agli organizzatori del Northside, posso finalmente avverare questo sogno.
L’emozione di vedere Maynard e Billy è qualche cosa di indescrivibile. Il disco al primo ascolto non mi aveva emozionato più di tanto, ma con il preseguo degli ascolti ho imparato ad amarlo alla follia. Chiaro, non è Mer De Noms, ma giustamente i capolavori esco solo una volta, ma senza esagerare Eat The Elephant è forse uno dei migliori dischi del 2018. Tornando al concerto posso dire che la voce di Maynard è magnifica e non ha mai una pecca sia con i brani nuovi che con quelli vecchi.
Judith e 3 Libras, naturalmente non le hanno fatte, ma Weak And Powerless o Outsider sono dei pugni allo stomaco.
La tripletta composta The Doomed, So Long, Thanks for All the Fish e TalkTalk rendono alla perfezione il mio giudizio su Eat The Elephant.
Eseguono anche una cover degli Ac/Dc in onore di Chris Cornell e dello chef Anthony Bourdain, scomparso proprio nella stessa giornata del festival.
Chiudono con 10 minuti in anticipo, in puro stile Maynard con outsider.
Dopo questo concerto potrei andare tranquillamente a casa, ma Matt Berninger e i gemelli Dessner mi aspettano. Come ho scritto in precedenza per i Cigarettes After Sex, anche per i National vale lo stesso discorso o li ami o li odi, ed io li amo alla follia.
Se si è tanto fortunati da poterli ascoltare con una persona speciale al proprio fianco, ogni brano cantato da Matt risulta pura poesia. I Need My Girl la dedica a sua moglie e durante Graceless fa la sua solita camminata tra il pubblico, facendo impazzire gli addetti alla sicurezza. Prima di Graceless, la doppietta Day I Die e y Vide Carin at the Liquor Store sono da pelle d’oca. Chiudono con Terrible Love e About Today.
A chiudere la giornata del palco principale ci sono i Queens of the Stone Age.
Il concerto di Bologna del novembre del 2017, mi era servito per constatare come il disco sia stato prodotto molto male. A parte alcuni brani che sono veramente discutibili, quelli più decenti dal vivo spaccano e fanno ballare il pubblico. Anche al Northside la cosa si ripete per fortuna. Non mancano i soliti intramezzi di quel guascone di Josh Homme sempre pronto a dire la sua su tutto.
Anche loro dedicano Long Slow Goodbye all’amico chef appena scomparso e con brani classici come Little Sister o No One Knows lasciano sempre a bocca aperta i propri fans. Chiudono con A Song for the Dead come da copione.
Per fortuna le sorprese non sono finite perché all’una del mattino sul palco più piccolo ci sono i MC50.
Potrebbe non interessare a nessuno questo concerto visto che ora mai della band è rimasto solo il chitarrista fondatore, ma nell’occasione del 50 anniversario dell’uscita del loro disco Kick Out The Jams, hanno messo su una band di amici come Matt Cameron (Pearl Jam e Soundgarden) e Kim Thayil (Soundgarden).
Questo concerto è molto importante per due motivi.
Il primo perché è l’unico con il batterista dei Pearl Jam, in procinto di partire per il tour europeo con la band di Eddie Vedder e l’altro è perché proprio Matt Cameron e Kim Thayil non si erano ancora esibiti su di un palco dalla morte del loro frontman Chris Cornell. Il concerto è la classica esibizione front to back del disco Kick Out The Jams del 1969.
Il terzo giorno si puo’ dire che è quello più tranquillo con molte esibizioni di artisti locali. Come artisti stranieri ci sono da notare le performance di Father John Misty che ha ipnotizzato il pubblico con la sua voce e la sua chitarra. A distanza di un anno dall’uscita di Pure Comedy, l’ex cantante dei Fleex Foxes ci delizia con God’s Favorite Customer uscito qualche settimana fa.
Tutti i brani sono magnifici e con l’accompagnamento della sua orchestra risultano ancora più intensi. Di solito si vede un Joshua Tillman schivo sul palco, ma qui al Northside complice anche la bella giornata si lascia andare anche a balletti sensuali.
Dopo Bjork, l’artista più atteso è senza dubbio Beck.
Gli ultimi due dischi del cantante di Los Angeles sono molto differenti con inserimenti dell’elettronica e sonorità degli anni 80 e questo si vede anche nel suo spettacolo.
Personalmente li trovo due capolavori, soprattutto Morning Phase che tra l’altro ha ricevuto molti Grammy Awards.
Lo spettacolo di Beck è proprio questo un mix tra sonorità anni 80 e classici dove naturalmente trovano spazio brani classici come Loser.
Colors è un disco più allegro e scanzonato e durante lo show si nota come Beck voglia far divertire il pubblico sopratutto con brani come Up All Night e Colors.
Suona anche una cover di Prince e tutte le luci all’improvviso diventano viola in onore dell’artista scomparso.
In definitiva come prima esperienza di un festival fuori dall’Italia l’ho trovata molto positiva e mi piacerebbe che tanti organizzatori italiani copiassero questo modello, perchè sicuramente è di successo.
Ecco le gallery fotografiche dei tre giorni:
Day 1
Day 2
Day 3
Un ringraziamento a Charlotte e John e a tutto lo staff del Northside festival per la collaborazione e per il gentile invito.
Vorrei anche ringraziare Francesca Garattoni di Vez Megazine per il supporto in questi 3 giorni di Festival.
Foto e testo di Carlo Vergani.