Bugo non ti annoia mai, lo lasci lì e dopo qualche tempo torna con un album e con una carrellata di effetti sonori nuovi, tra ironia e cartoline che danno il benservito ai benpensanti. Lo conosco da La prima gratta, fatidico album che mi ha aperto la strada verso le liriche di Cristian Bugatti, pronto a salire sul palco del circolo Arci Ohibò per il suo tour in solitudine.
Un live acustico, al quale Bugo arriva con un improbabile tuta da parcheggiatore anni ’80 e la solita simpatia caricata sulla carrellata storica dei suoi pezzi. L’ultimo album dello scorso anno lo ha riappacificato con i suoi ammiratori, nostalgici di un genio della melodia, spiazzante e eterogeneo nei contenuti. Chitarra e armonica, come un bluesman maledetto che respinge le facili grida di un fan che ribatte ad ogni suo movimento, trascinandoci in una specie di una comedy show molto simpatica. Si ride, ma si ascolta anche buona musica, quella che Bugo ripropone con arguzia e senso pratico, andando a scavare sino a Universo del 1996. La hit che ti aspetti ti riporta agli anni d’oro del Lo-Fi al ci sei, quando Io mi rompo i coglioni sarebbe andata al Festivalbar se non avesse parlato di nasi infarinati e non avesse avuto quella parolaccia nel titolo. Il pubblico chiaramente apprezza cantando all’unisono, prima che una cover di Vasco Rossi getti qualche dubbio sulla scaletta del grande cantautore, probabilmente scritta alle sei del mattino della stessa giornata.
Si torna poi a sgranocchiare canzoni orecchiabili con C’è crisi, prima di un medley traumatico e che crea dipendenza, quando Bugo mischia prima Celentano (si gioca in casa), e poi Supermarket di Lucio Battisti e Pasta al Burro, centrifugati con la ricerca del Gel di un’altra grande prova musicale del passato. Il clima è torrido come a Usa 1994, e allora la finale Italia-Brasile il nobile Bugatti la gioca con una camicia hawaiana e l’asciugamano sempre pronto, sino al gran finale di Io me la godo. E pazienza che non si sia palesato Sergio (Cosa ne pensi Sergio) o il suo sintetizzatore, oppure che non ci siano state cover di Ligabue (sono ironico, chiaramente), Bugo chiude con un live corposo e infinito, mai domo e sempre al massimo.
Grazie a Sherpa Live per l’invito.
Testo a cura di Andrea Alesse