Boring Machines compie 10 anni: lunga vita a Boring Machines

Un’etichetta, uno stile di vita, un dimensione che diviene culto e coltiva la quintessenza di una musica che si fa sentimento, prima che note. È Boring Machines, progetto che smuove lambito musicale italiano dal lontano 2006 a colpi di sperimentazione, metodo e tanta sana attitudine. Solo dischi di band italiane e tante collaborazioni, oltre che uninvidiabile schiera di soldati artisti al suo seguito durante questi dieci anni di militanza (Bob Corn e Fuzz Orchestra vi dicono per caso qualcosa?).
Non potevamo non festeggiare questo anniversario, e allora ne abbiamo parlato con Onga, guru delletichetta trevigiana e personaggio cordiale che si è gentilmente prestato a darci corda con 5 domande 5.
Prima di leggerle, però, se siete a Milano sabato 19 (at Santeria Social Club) e domenica 20 novembre (presso il negozio di dischi Volume, via Paladini 8), ricordatevi di segnare in agenda lappuntamento di Ongapalooza, festa itinerante offerta da Onga e alcuni suoi artisti.
Sabato spazio a Simon Balestrazzi, Hermetic Brotherhood of Lux-Or, Satan is my Brother, Everest Magma e Mai Mai Mai Domenica, invece, appuntamento con Adriano Zanni e BeMyDelay.

Ciao Onga, grazie innanzitutto della disponibilità. Inizio con una domanda banale ma necessaria. Parlaci un po’ della storia della Boring Machines. In particolare, facci sapere come si muove oggi il tuo progetto nel mutevole contesto musicale del bel paese e non solo.

Boring Machines è nata 10 anni fa, a causa di un ego ipertrofico che ha deciso di dire la sua nel già vasto mondo delle produzioni indipendenti, mascherando dietro buoni propositi come il supporto alla cultura e quelle menate li, lobiettivo principe di tutti quelli che si cimentano con la materia: soldi, sesso, droga. Il classico lupo travestito da agnellino insomma. Inutile dire che col sesso è andata malino, coi soldi decisamente peggio. Con la droga si è cercato di non esagerare, che poi durante la settimana in ufficio serve una certa lucidità. Una volta che il treno è partito fermarlo è stato sempre più difficile, ed eccomi qua al traguardo dei primi 10 anni, con quasi 80 release pubblicate per un totale di quasi 50 progetti diversi. Il modo in cui mi muovo è rimasto più o meno immutato in questo decennio, cosa di cui sono abbastanza contento. Certo, ho imparato un sacco di cose nel tempo e ancora ce ne sono da imparare, specie ora che come giustamente fai notare il contesto musicale è mutevole. Lo è non tanto per la fase che va dallo scouting alla produzione fisica della release, quanto nei modi per promuoverla. Onestamente trovo che sia davvero una faticaccia in questo periodo, che io vedo come di transizione. Ci sono ancora molti retaggi della promozione classica in molti canali, ed altri che viaggiano molto di più in un mondo 3.0 (esiste il 3.0? boh, non lo so). Il risultato è che si devono passare delle quantità immani di tempo su millemila piattaforme, a proporre e rinfrescare contenuti che promuovano le release. Sinceramente un po mi rompe le palle farlo, ma so che è necessario quindi mi ci applico meglio che posso. Per fortuna tutto questo non mi ha fatto perdere di vista quello che è a mio avviso il passaggio più importante di tutti, il filtro qualità, quellattenzione costante a pubblicare solo cose di cui sono convinto al 100% e che penso possano resistere oltre i tre mesi di hype che qualsiasi cosa costruita ad arte può guadagnarsi eventualmente. Ma che dico tre mesi, tre settimane dai.

Considerata l’invidiabile attitudine con cui sappiamo ti dedichi all’etichetta, ritieni sia difficile oggi essere un produttore di musica che affronta con nuda passione il suo lavoro? Intendo, selezionando veramente gli artisti e producendo quello che ti piace.

Beh, dura è dura, voglio dire: ogni giorno escono decine di nuove release, tutte mediamente decenti, tutte mediamente spinte da persone che più o meno faccio quello che faccio io. Leditoria musicale come dicevo è in trasformazione, la musica in quanto tale non riveste più quella importanza e centralità che aveva anche fino ad una decina di anni fa, il mercato dei dischi è invaso di tonnellate di ristampe, molte delle quali onestamente meh, insomma i fattori per affermare che è dura ci sono tutti. Poi cè pure la guerra dei formati, per gli appassionati della musica su supporto fisico. Produrre un disco oggi se ci si orienta al vinile è costosissimo e ci vuole uneternità di tempo per avere il materiale, se ci si orienta al CD si devono un po vincere le ritrosie degli snob che per carità il CD è un formato morto/inutile. Al netto di tutto questo, per me non avrebbe nessun senso pubblicare qualcosa che non mi convince al 100% in favore di ipotetiche fortune commerciali perché, onestamente, a vendere 100 dischi o 1000 dischi, sempre in ufficio dovrei andare, non la svolterei comunque. Le possibilità ce le ho avute, anche notevoli, ma mi occupo pure troppo di business durante il giorno che nel tempo libero preferisco occuparmi di bellezza. Tanto vale fare le robe fatte bene sperare di lasciare una traccia riconoscibile, un corpus di release che abbiano una identità personale. Di musicisti che fanno musica eccellente ce ne sono un bel po e tante volte stramaledico il fatto di non avere abbastanza risorse per pubblicarli tutti, però le risorse sono quelle che sono, dischi se ne vendono sempre troppo pochi per i miei gusti e quindi si cerca di fare il meglio che si può e di stringere ulteriormente le maglie della selezione alla fonte.

Ci sono degli artisti che avresti voluto far uscire su Boring Machines?
Amo sempre, in occasioni come queste, citare il Maestro: guardi, non ho desideri di questo tipo. Ho avuto la grande fortuna di collaborare con un sacco di persone dalle quali ho ricevuto molto, sia in termini artistici che umani, se devo fare un bilancio dei primi 10 anni sotto questo aspetto sono molto soddisfatto. Certo, continuo a tenere occhi e orecchie aperte e se cè qualcosa che mi interessa mi ci avvicino, senza fare movimenti inconsulti che potrebbero spaventare, e cerco di capire quanto mi possa piacere davvero quella cosa.
C’è qualche tua produzione che ti ha segnato particolarmente? Sia in senso negativo, che positivo.

Diosanto, lintera storia di Boring Machines è segnata da episodi che lasciano il segno, ci sarebbero abbastanza aneddoti ed episodi da scriverne un libro, si va da artisti che spariscono nel nulla al punto da mettersi a guardare se la Sciarelli parla del loro caso, a dischi fantasma che appaiono sotto i tuoi occhi senza che tu ne sappia niente, a dischi che vengono pronti il giorno stesso del release show ed assemblati in loco, con release show cancellato dalla polizia per problemi di orario, ad episodi dove la vita del sottoscritto è stata messa in serio pericolo, tutto in nome della musica. Per citare una produzione in particolare, senza far ingiustizia alle altre, questanno è stato ripubblicato in cassetta, da Under My Bed, Old Bycicle Records e Boring Machines, lesordio su lunga distanza di My Dear Killer Clinical Shyness. E stata la primissima release di Boring Machines e abbiamo pensato fosse giusto rilanciare questa gemma così zeppa di allegrezza e buonumore in occasione del decennale di Boring Machines.

E l’idea del festival Ongapalooza, come è venuta fuori?

Lho detto che ho un ego ipertrofico no? La prima volta che mi è venuto in mente di usare una distorsione personalizzata del festival itinerante americano Lollapalooza è stato in occasione dei primi 5 anni di Boring Machines e questanno ho recuperato lidea. Non so dirti esattamente quando e come sia saltata fuori lidea, ma potrebbe benissimo essere uscita da una riga di stronzate dette al bar con gli amici. No, aspetta, detta così suona quasi come io abbia degli amici e vada al bar. Sarò stato in solitudine a qualche sonorizzazione di qualche pellicola cecoslovacca e mentre mi immergevo nei miei oscuri pensieri, meditando sui mali del mondo, ho pensato che anche io sono una pedina del sistema imperialista mondiale ed allora ho attaccato il mio nome a quello di un festival americano et voilà. Ecco, così fa un po più Boring Machines.

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