Intervista a Beatrice Campisi e Francesca Incudine

La terza serata della rassegna Because the night, in programma il prossimo 17 dicembre al Mou di Milano, sarà un viaggio a cavallo tra folk e jazz nei repertori originali di Beatrice Campisi e Francesca Incudine, con incursioni- in duetto- nella musica popolare siciliana.

Le cantautrici presenteranno inoltre dal vivo l’intenso adattamento in lingua siciliana di Sidun di Fabrizio De André e Mauro Pagani. La rilettura è contenuta nel triplo album a progetto Shaida – Tracce di libertà”(Appaloosa/Ird), realizzato a favore delle donne rifugiate.

The Front Row magazine ha incontrato le due cantautrici protagoniste della rassegna “al femminile” ideata e diretta da Marian Trapassi, per una chiacchierata a tutto tondo sulla musica.

 

Ciao! innanzitutto saremmo interessati a sapere quali siano, secondo voi, alcune delle possibili soluzioni concrete per risolvere il problema di gender gap, che interessa purtroppo l’intera filiera musicale?

Negli ultimi anni abbiamo riflettuto e ci siamo confrontate sul tema con diverse musiciste. Preso atto dello scenario nel quale viviamo e operiamo, crediamo che una tra le possibili soluzioni possa essere quella di fare rete, creare dei legami, rafforzare collaborazioni, alimentare il confronto, portando ciascuna il proprio contributo e la propria esperienza per creare insieme una nuova narrazione. Un tassello molto importante risiede anche nell’informazione, quindi nella partecipazione attiva a talk, eventi musicali e divulgativi al femminile, che, al contrario di quanto si possa immaginare, sono molto inclusivi. Riteniamo infatti che la questione della parità di genere riguardi tutti, non solo le donne. 

 

Because the night è una rassegna canora diretta alla promozione del cantautorato indipendente al femminile. Come siete venute in contatto con la sua ideatrice e direttrice, Marian Trapassi? 

Francesca – Io ho conosciuto di presenza Marian in occasione di una delle serata da lei organizzate che vedeva protagonista sul palco Sara Romano, che in quella occasione chiese ad alcune cantautrici di condividere il palco. Quella esperienza di condivisione si è poi ripetuta nel febbraio del 2022 quando a dividere il palco con me c’era Agnese Valle. Ho intuito fin da subito che Marian avesse tracciato una giusta via creando uno spazio, un luogo non solo fisico ma dell’anima e che avesse voglia di condividerlo con altre donne.

Beatrice – Io e Marian ci siamo conosciute qualche anno fa, quando mi chiese di aprire il suo concerto allo storico Leoncavallo di Milano. La nostra rimane una sincera amicizia, sia per la comune origine siciliana, sia, soprattutto, perché facciamo parte di una rete solidale di oltre 150 cantautrici, provenienti da tutta Italia, che Marian sostiene attivamente attraverso il suo costante impegno. 

 

In un mondo utopico, secondo voi, ci dovrebbe ancora essere bisogno di queste iniziative “al femminile”?

Crediamo che ogni iniziativa in ambito artistico debba essere sempre inclusiva; ben vengano quelle tutte “al femminile”, ma auspichiamo che l’orizzonte di confronto e di scambio sia sempre più grande e allargato. 

 

Com’è nata l’idea di riadattare in siciliano Sidun di De André e Pagani?

Quando abbiamo abbracciato il progetto “Shahida” entrambe abbiamo sentito l’urgenza e il bisogno di raccontare un dolore che fosse universale e nelle parole di “Sidun” lo abbiamo ritrovato e poi fatto nostro, utilizzando la nostra lingua. 

 

Quali sono i vostri riferimenti artistici?

I nostri grandi cantautori e la tradizione popolare, anche nelle sue incarnazioni più sperimentali. 

 

Il punto più alto e quello meno felice della vostra carriera?

Beatrice – Ho passato alcuni anni senza scrivere e suonare, perché avevo perso un po’ di spinta vitale. Sono stati comunque anni importanti, di riflessione e lavoro su me stessa, di crescita interiore, che alla fine hanno portato alla pubblicazione dei miei due dischi. Il punto più alto, credo sia stato il lungo tour nazionale e internazionale, seguito al mio secondo disco “Ombre”, perché è stato un bellissimo momento d’incontro con i musicisti e con il pubblico. 

Francesca – Io sono molto contenta del percorso fatto finora, ci sono state tantissime soddisfazioni e sicuramente la Targa Tenco del 2018 per Tarakè, mio secondo album, è stato uno tra i momenti più importanti, ma ogni momento, anche quello meno felice, è stato fondamentale. 

 

Un artista con il quale vorreste collaborare?

Beatrice – Ne cito alcuni: Samuele Bersani, Tosca, Enzo Avitabile. 

Francesca – Mi piacerebbe molto collaborare con i Radiodervish e Noa. 

 

Il classico della musica tradizionale siciliana che amate maggiormente?

Beatrice – “Terra ca nun senti” di Rosa Balistreri.

Francesca – Non si può non partire da Rosa Balistreri, ma io sono legata anche a tutto il ramo della tradizione inerente i canti mariani. 

 

Il libro che avete attualmente sul comodino?

Beatrice – “Mi limitavo ad amare te” (R. Postorino), sul dramma degli orfani bosniaci. 

Francesca – “Come d’aria” di Ada d’Adamo.

 

Il tratto principale del vostro carattere?

Beatrice – Empatia e determinazione. 

Francesca – Sono una persona che sa ascoltare e mediare. 

 

C’è un altro brano che vi piacerebbe riadattare in siciliano? Quanto è complessa un’ ”operazione” di riadattamento di questo tipo  e quali sono, secondo voi, i possibili rischi connessi?

Sì, ci piacerebbe ripetere l’esperienza con altri brani, ma è sicuramente un’operazione complessa, che richiede forza creativa, ma anche grandissimo rispetto per il senso del testo originale.

 

LINK AL VIDEOCLIP: https://www.youtube.com/watch?v=7ilBMtJ10_I

 

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