Wilderness, la recensione di “I’m Not Here”

Wilderness

I’m Not Here

MiaCameretta Records

 

Secondo disco per i Wilderness, un lavoro che fa emozionare grazie ad un collettivo che ama selezionare le immagini di un mondo sonoro che va dallo shoegaze all’alt rock, coniugando le liturgie dei post rockers con la magia di attimi musicali corali.

Chitarre al punto giusto, ina dose di amore per le atmosfere britanniche e per la impostazioni di tipo maturo, catturate in melodie che ricordano gli Afgan Whings. Un lavoro che ama l’oscurità e il suo riflusso verso una ripresa tra la visione del rock maturo e il groove più umano. Undici tracce tirate a lucido compongono I’m Not Here, lavoro in cui lo straniamento è sinonimo sin dal titolo di amore per le viscere dell’umanesimo rock figlio della tempesta degli anni ’80, e incupito da uno spirito dark che poi si districa lungo un’onda figlia dei nostrani Settlefish. Temperature alte in canzoni mai facili, non motivetti da masticare ma interpretazioni mature che si parlano tra loro lungo un filo unico che lega tutto il loro ultimo lavoro.

Mi piace coniare un nuovo genere parlano dei Wilderness, una sorta di “disappear rock” di lunga gittata, dove si lavori per sottrazione e ricomposizione, in un amore anche per il folk e il dream rock.

Tracklist

1) I’m Not Here,

2) Weird Boys Don’t go to Sleep,

3) All the Rods You See,

4) Haiku,

5) For When You Run,

6) The Sea is my Brother,

7) October,

8) Red Ocean,

9) Copenaghen,

10) Youth #2,

11) Bon Voyage Mr.Banana

 

Andrea Alesse

recensioni@thefrontrow.it

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