Sacralità psichedelica, report del live dei Khruangbin a Milano

Laura Lee, Mark Speer, e Donald Ray “DJ” Johnson Jr, ovvero i Khruangbin.

Una super band che dalla forma del trio prende ispirazione per affermare una supremazia musicale, che dal vivo è ancora più elettrizzante. Tocca allora accoglierli con un sold out alla Santeria Social Club di Milano, in una serata che rende tutto più gustoso, visto il pienone e la concomitanza con la Mezzanine night dei Massive Attack al Forum e i solidi The Japanese House  che si esibiscono al Magnolia.

Sold out per appassionati e non, allora, pronti a viaggiare con una musica alimentata da un etereo senso di affermazione di una global music psichedelica, suonata con armonia e, soprattutto, con tanto, tantissimo stile.

Abiti succinti e in formato vintage seixties per Laura Lee, accanto ad un Mark che suona una chitarra in formato rock con un outfit da allievo della sciola romana di nuova musica contemporanea (NMC, sempre anni sessanta, dunque), mentre il buon DJ Johnson Jr porta indosso il poncho colorato segno di pace e multiculturalità. Dagli abiti alla musica il passo non è breve, ma è legato a quel senso di estraniamento moderno che unisce i Khruangbin ad un sound unico e corale, in cui la psichedelia è il nesso e la global music il messaggio. Si sentono nell’aria i riverberi psichedelici, ed ecco allora gli attacchi di dub e di tutti i pezzi affilati tratti dall’album “Con todo el mundo”, rivisitalo dal vivo con arpeggi più rock e con una sacralità da palco molto interessante.

Complici anche i balletti all’unisono tra Laura e Mark, i tre mostrano un’attitudine che definire cool appare riduttivo, soprattutto se predichi una musica orgogliosamente fuori moda e lo fai partendo dalla depressione trumpista di Houston, Texas. Si parte con il mantra di Bin Bin e la cavalcata da b-movie alla Lucio Fulci di Inafamous Bill, per immergersi nelle note di Como me quieres e August 10, per lanciarsi poi dritti in uno show dove l’equilibrio cinematico regge bene l’urto della folla, che applaude anche il loro cambio di abito dopo la pausa.

Una global psycho rock band che utilizza gli strumenti per cercare l’equilibrio interiore, senza parole di troppo e con un gusto retrò da far invidia alla scena jazz, con un taglio ipnotico da spirale alla Re Nudo (controcultura sempre, mi raccomando) e un invito al perdersi con la loro musica.

Vi lasciamo alle foto del nostro Romano Nunziato

Grazie a Comcerto Musica

Andrea Alesse –  recensioni@thefrontrow.it

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