The Rambo
THE PAST DEVOURS EVERYTHING
Stanotte ho sognato di suonare con loro. Giuro. Mentre tra un rullante impazzito e un b-movie latino-americano ci scolavamo una cerveza scaduta da anni, con in sottofondo la celebrale musica di “The Past Devours Everything”. Un album di furia cieca tra il post noise core e la psichedelia, senza quella noiosa linea che seguono le produzioni musicali, ma solo con la voglia suonare in maniera sgangherata e mani anonima. Una risposta ai Locust o anche a collettivi come i francesi Le Singe Blanc, con musica suonata senza risparmiarsi, col rumore di puro delirio elettrico e la matrice punk a farla da padrone.
Un episodio riuscito di musica che ti fa saltare dalla sedia, avanzando come una pratica situazionista o un romanzo che si legge dal finale, anche quando la banda The Rambo improvvisa note in stile klezmer e deliri onirici in pezzi come “The devil lurk in the holy house”. Deliri incontrollati e chitarre come mitraglie (la traccia dal titolo Napalm, per l’appunto), con l’ossessione per un passato che non vuole andarsene, visto in bianco e nero tra reef sghembi e tastiere alla A palce to bury strangers in The past returns, mentre le urla prendono piede e la batteria suona potente in Primitive aggression, come se i nostri The Rambo incontrassero i Turin Horse.
Energia e cibernetica sono poi gli ingredienti della folle Purification song, ripetitiva litania corrosiva e aggressiva musica che si trasforma in una ballata balcanica tra ubriachi alle cinque di mattina, con un seguito da post sbornia che il ritmo di Shinig Light rende luminoso con un valzer psichedelico che sembra uscire da una caverna abitata da folli adulatori di gruppi come Gi Joe.
Una bella botta di adrenalina sui fondoschiena secchi della musica italiana, per uscire dalla depressione e dal torpore, senza panificazioni ma con attitudine e giusto ritmo.
Andrea Alesse
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