Ancora prima della nascita del Nu-metal, in Alaska ci furono dei ragazzi che si divertivano con uno strano modo di intendere il Metal. Sono passati 24 anni dalla loro nascita ma i 36 crazyfists sono più vivi che mai.
Verso la fine dell’anno scorso hanno pubblicato il loro ottavo disco in studio: Lanterns.
Dopo aver abbandonato un po’ le sonorità più crude degli inizi, con questo album la band sembra aver recuperato proprio quel sound. Dal vivo sono sempre una garanzia e sono qui a Bologna, dopo la data di ieri a Milano, per far saltare tutto il pubblico presente.
Ad aprire il concerto ci sono i 68′ e gli All hail the Yeti.
I 68′ per chi non li conoscesse sono semplicemente un power duo capitananti dal frontman dei Chariot e dei Norma Jean Josh Scogin e dal batterista Nikko Yamada.
Vi piacciono i power duo? vi ascoltate alla radio i Royal Blood? Ecco i 68′ sono molto meglio.
Grezzi, un po’ rock e un po’ punk. Tre anni fa li vidi a Modena con Michael McClellan alla batteria e fu amore a prima vista.
Nella mezz’ora che i ragazzi del’Alaska gli concedono, i due fanno un casino incredibile con Josh che sembra un cavallo imbizzarrito e Nikko che lo accompagna picchiando come un forsennato sulla batteria.
I californiani All hail the Yeti si presentano molto bene sul palco con un power metal notevole. Non colpiscono di certo per originalità, ma nel loro piccolo riescono a fare degnamente il loro lavoro.
E’ giunto il momento dei maestri del metalcore.
Nonostante arrivano dalla lontana Alaska, i 36 crazyfists grazie al loro sound che mescola violenza e melodia, ha riscosso nei primi anni 2000 un successo pauroso. L’inserimento nel roster della Roadrunner records e due dischi mostruosi come Bitterness the Star e A Snow Capped Romance gli hanno permessi di calcare tutti i maggiori palchi del Mondo.
Partono subito con Death Eater da Lanterns ma è con At the End of August che fanno subito impazzire tutto il pubblico presente nel locale bolognese. Il suo classico intro fa subito partire i primi timidi mosh- pit. La voce di Brock Lindow è molto viva sia nelle parti melodiche che in quelle urlate. Con I‘ll Go Until My Heart Stops il pubblico incomincia ad avvicinarsi alla band per incendiarsi letteralmente in vorticosi mosh-pit.
Si continua con i singoli di successo con The Heart and the Shape , dove la melodia la fa da padrona, ma il ritmo è incessante tanto da far ballare e saltare il pubblico.
We Gave it Hell anticipa un altro brano di Lanterns: Old Gold. I brani nuovi non sono malvagi, ma quando ascolti dal vivo Bloodwork capisci che quell’epoca era totalmente un’altra cosa. La chiusura è tutta per gli ultimi successi della band come Better to Burn e Time and Trauma.
I brani di Time and Trauma, personalmente mi piacciono molto di più rispetto a Lanterns e soprattutto dal vivo rende molto di più. Gli encore sono due brani.
Il primo la cover degli Alice in Chains We Die Young e naturalmente il loro cavallo di battaglia : Slit Wrist Theory cantata a squarciagola da tutto il pubblico.
Un concerto che mi ha fatto tornare in mente molti momenti importanti della mia vita, facendomi rivedere dal vivo i miei cari amici dell’Alaska.
Setlist:
Death Eater
At the End of August
Wars to Walk Away From
I’ll Go Until My Heart Stops
The Heart and the Shape
We Gave it Hell
Old Gold
Bloodwork
Also Am I
Better to Burn
Below the Graves
Time and Trauma
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We Die Young (Alice in Chains cover)
Slit Wrist Theory
Si ringrazia l’Ufficio Stampa del Locomotiv per il gentile invito
Foto e testo di Carlo Vergani
36 crazyfists
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